La crisi in Siria, lo shale gas, la base di Tartus e le verità nascoste

Pubblicato il 5 Settembre 2013 alle 18:36 Autore: Giovanni Orazio Marotta

Una situazione che ha visto gli Stati Uniti indisposti per un intervento diretto all’inizio della crisi siriana,  determinando le esplosioni di rabbia dei sauditi, pronti da subito ad un intervento militare del loro alleato storico.

Come scritto da  Cunningham, editorialista nord irlandese per varie testate anglosassoni, il motivo ricorrente nella crisi siriana è la presenza di massacri nei momenti in cui si prospetta un cambio del contesto geopolitico.

Ogni qual volta si discute delle posizioni degli altri paesi in relazione alla Siria ecco giungere una strage. Già le prime sanzioni dell’Onu nei confronti di Assad scattarono solo dopo la strage nel villaggio di Hula del maggio 2012. Questa correlazione messa in luce da Cunningham si arricchisce della scoperta fatta nelle settimane successive alla strage, che dietro il massacro di Hula c’erano invece mercenari armati dagli stessi occidentali, notizia ovviamente trascurata dai media occidentali principali.  Così di quella strage rimangono i drammatici titoli di accusa al despota Assad.

La strage di Hula

Ora, l’attacco con armi chimiche della scorsa settimana segue lo stesso registro secondo Cunningham. L’attenzione dei media occidentali è recente, ma la guerra segreta che si combatte in Siria dura ormai da più di due anni. Una guerra fatta di scontri interni che sembrava aver preso la giusta strada a seguito della fine del regime libico di Gheddafi. Ma in Siria qualcosa è andato storto.

La Siria però non è la Libia e ad oggi a livello militare i tentativi di rovesciamento di regime sono andati falliti. La scelta degli Stati uniti di partecipare indirettamente, con strategie politiche e non militari ha trovato nei sauditi degli alleati insoddisfatti e irritati sul piano politico. Un’alleanza messa a rischio dalla nuova strategia di politica estera americana e che ha imbestialito la corte saudita, sentitasi offesa dopo anni di concessioni e favori petroliferi agli Usa.

Così, secondo Cunningham, l’insorgere di questa tensione  potrebbe spiegare l’uso di armi chimiche vicino a Damasco la scorsa settimana, in cui si afferma che tra le 500 e le 1500 persone sarebbero state uccise dall’esposizione al micidiale agente nervino Sarin.

I media  occidentali naturalmente hanno accentuato le accuse che l’attacco chimico sarebbe stato effettuato dalle forze siriane fedeli al presidente Assad. Per Cunningham invece è più probabile che  l’attacco, se realmente verificatosi, sia stato effettuato dai miliziani stranieri che cercano di rovesciare il governo di Assad.

I precedenti incidenti che comportano l’uso di armi chimiche, come ad esempio l’attacco a Khan al Assal vicino ad Aleppo il 19 Marzo di quest’anno, in cui più di 25 persone sono rimaste uccise, si è scoperto in seguito essere stati compiuti dai mercenari anti-governativi. Non è un caso che i primi a riportare la notizia dell’attacco con armi chimiche siano stati i mezzi di informazione di stato sauditi.

La cosa strana e assurda è che non appena sia scemata l’attenzione mediatica sulla Siria e con essa il supporto occidentale militare ai miliziani, ecco che si è assistiti ad un’escalation di massacri e stragi.  Quello che i media non hanno riferito è delle esecuzioni tra miliziani stessi, con il gruppo Jabhat al Nusra che annovera tra i suoi principali sponsor proprio  il regno saudita.

Secondo Cunningham dunque l’aumento delle azioni terroristiche e il presunto uso di armi chimiche sono un evidente segnale di ricatto del regno saudita, abbandonate a se stesse sul piano militare. Ne è prova il rilancio delle truppe di Assad tornate incalzanti e trionfanti al momento. I sauditi temono di essere lasciati soli e riflettendo su questa paura il re Abdullah sta cercando con ogni mezzo di riportare le forze alleate ad un intervento militare. Obama minacciò l’intervento solo di fronte all’uso di armi chimiche. Bene sembrerebbe essere stato accontentato.

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L'autore: Giovanni Orazio Marotta