La crisi in Siria, lo shale gas, la base di Tartus e le verità nascoste

Pubblicato il 5 Settembre 2013 alle 18:36 Autore: Giovanni Orazio Marotta

Ma in tutto ciò non ci si può dimenticare della Russia. Al contrario degli Stati uniti, i russi sono passati da un iniziale atteggiamento di minaccia ad uno più cauto e risolutivo.

Lo scenario è per loro molto più delicato di quello che si pensa. Se gli Stati Uniti possono contare su una flessibilità politica frutto della raggiunta indipendenza economica, i russi al contrario fanno della Siria una zona strategica e decisiva per la loro politica energetica.

Gli accordi recenti siglati con Damasco per lo sfruttamento delle riserve naturali di gas, complice il gasdotto che collega l’Egitto alla Turchia, sono punti cardini nella politica energetica dei russi. Non a caso la base navale di Tartus è divenuta di importanza miliare nelle strategie politiche russe, essendo, lo ricordiamo l’ultimo avamposto militare russo nel Mediterraneo.

A detta di Cunningham il vero peso della bilancia sembrano essere i sauditi, veri outsider della crisi siriana con il solo scopo di sfruttare l’onda della primavera araba a proprio favore come già fatto nel recente passato. La Russia questo lo sa, e infatti non fa degli americani i loro veri rivali in questa faccenda. Secondo fonti del Cremlino Putin è uscito infuriato dopo l’incontro dei primi di agosto con il principe saudita Bandar bin Sultan, reo di aver minacciato i russi se non accetteranno la resa della Siria.

La base di Tartus

La minaccia tradotta in un armamento dei ceceni per i prossimi giochi olimpici invernali di Sochi 2014, è stata confermata dal quotidiano libanese As-Safir, che ha riportato le dichiarazioni del principe Bandar pronto a impegnarsi a salvaguardare la base navale della Russia in Siria se il regime di Assad sarà rovesciato, ma ha anche accennato ad attacchi terroristici ceceni sulle Olimpiadi invernali della Russia a Sochi, se non vi è alcun accordo.

“Io posso dare una garanzia per proteggere le Olimpiadi invernali del prossimo anno – ha detto il principe Bandar -. I gruppi ceceni che minacciano la sicurezza dei giochi sono controllati da noi “. Per questo motivo Putin ha minacciato ad inizio agosto pesanti azioni militari proprio contro l’Arabia Saudita in caso di invasione in Siria. Una minaccia stemperata ultimamente con i riferimenti all’Onu che è un chiaro segnale di possibili accordi raggiunti dai due paesi.

Come riportano da Londra  infatti (sul Telegraph), l’Arabia Saudita avrebbe offerto segretamente alla Russia un ampio accordo per il controllo mondiale del mercato del gas e del petrolio, in sostituzione agli ex alleati americani divenuti autosufficienti. Un accordo che andrebbe in porto solo se Putin darà il suo via libera alla guerra contro Assad. La nuova posizione presa con gli appelli all’autorizzazione dell’Onu sembrano far pensare che l’accordo sia andato in porto.

In un fantomatico romanzo per seguire Cunningham, a  questo punto gli Stati Uniti pur proclamando la propria indipendenza energetica non vorrebbero uscire del tutto dagli interessi del Medio Oriente ed essere sostituiti dalla presenza della Russia, ecco giustificata l’accelerata per l’intervento militare, un tentativo disperato di richiamare a se i sauditi, vero ed indiscusso pendolo delle decisioni. Avevamo accennato ad Assad  come il cattivo della situazione. Siete ancora sicuri di ciò?

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L'autore: Giovanni Orazio Marotta