Il nostro tempo, a Bologna con Pippo e Debora
Sono stato tra i primi ad aderire a “Andiamo Oltre”, un’iniziativa che ha mobilitato decine di persone. Agli incontri ho trovato un’energia che non vedevo più da tempo. L’anno scorso sono stato a Firenze al battesimo di Prossima Italia. Ho organizzato con altri un incontro di Prossima Italia ad Arcore a cui hanno partecipato persone di tutto il PD e persone che il PD lo incontravano lì per la prima volta.
Da quando è iniziata questa avventura è passato più di un anno. Siamo ormai oltre il tempo dei facili entusiasmi iniziali, l’effetto novità è passato. Eppure l’entusiasmo resta alto.
Per me “Andiamo Oltre” e “Prossima Italia” sono state una boccata d’ossigeno. Mi hanno offerto l’opportunità di conoscere davvero persone come Pippo, Carlo, Paolo, Valeria, Marta, Francesca, Natalia, Peppe, …
Certo, non sono mancate le delusioni, gli scontri e il dubbio ne valesse davvero la pena. Non ho condiviso tutte le scelte e alcune le ho contestate anche con decisione. Eppure ci sono ancora. La cosa che mi è sempre piaciuta di tutta questa gran cosa è la reale possibilità di contribuire e di portare un contributo. E la possibilità di dissentire pubblicamente e di restare parte del progetto. Sembra una cosa scontata, ma non lo è affatto. Anzi…
[ad]Le esperienze di “Andiamo Oltre” e “Prossima Italia” sono quelle che mi fanno dire che il PD non lo si può mollare. Nonostante di fronte a certe interviste di certi dirigenti a volte vien voglia di dar fuoco alla tessera, nonostante certi momenti di sconforto che ti fanno venir voglia di dire che non serve a nulla insistere e nulla cambierà mai. Nonostante tutto, basta vivere una di queste esperienze (Albinea, Firenze, Albinea la seconda volta, …) e le pile si ricaricano. E la voglia di mollare passa. E meno male, che, a 36 anni, mica si può mollare. Come si potrebbe poi dormire tranquilli la notte? Chi ha 36 anni oggi ha vissuto quasi metà della sua vita con la presenza opprimente di Berlusconi. Ma ha anche la fortuna di aver visto due dei più grandi cambiamenti della storia contemporanea: la caduta del muro di Berlino e la fine dell’apartheid. Chi ha 36 anni ricorda quel tempo in cui di un mondo senza guerra fredda e senza razzismo di stato parlavano solo visionari snobbati dai politici di professione. Chi ha 36 anni ricorda gli infiniti e presunti saggi “Sì certo, tra molti anni potrebbero mutare le condizioni…”. Chi ha 36 anni ricorda anche di essersi svegliato una mattina di un giorno iniziato con due Germanie divise dall’odio e terminato con un muro in meno. Ed era ovvia per tutti l’unificazione. Chi ha 36 anni ricorda il giorno in cui è diventato presidente del Sudafrica Mandela, un uomo che fino a pochi mesi prima nessuno osava sperare venisse scarcerato.
Chi ha 36 anni lo sa che il mondo cambia perché lo ha visto cambiare. E sa che è proprio nel momento più buio che è utile tenere accesa la fiamma della speranza e lavorare al cambiamento. Chi ha 36 anni deve per forza costruire quel cambiamento. Tante volte sono stato preso dalla tentazione di lasciar perdere e di smettere proprio di parlare di politica. Ma era come avere un fuoco dentro che ti divora. Soprattutto dopo giornate come quella di ieri. Giornate in cui davvero si capisce il danno provocato dall’assenza di una politica vera, di una politica propositiva e credibile.
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