Ignazio Marino e le questioni in sospeso
Il Consorzio Metro C pretende il pagamento di 230 milioni di euro, denaro che nel corso degli anni si è aggiunto alle spese inizialmente stanziate e che l’amministrazione Marino non vuole versare fino a quando non sarà messo nero su bianco un nuovo accordo che disciplini tempi per la realizzazione dell’opera ed eventuali penali per i ritardi.
Argomenti già presenti nel contratto attualmente in vigore, ribatte il Consorzio.
Nei giorni scorsi c’è stata una riunione al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: passi avanti, ma nulla di definitivo. Allo stesso tavolo insieme a Guido Improta e Michele Civita (rispettivamente assessore ai Trasporti di Roma Capitale e assessore alle Politiche del territorio, Mobilità e Rifiuti della Regione Lazio) c’erano i rappresentanti del consorzio Metro C e Roma Metropolitane.
L’intesa tra le parti dovrà passare l’esame del dicastero. Nel frattempo i cantieri restano chiusi e 3mila operai rimangono alla finestra, pronti a invadere “i Fori e piazza Venezia con i nostri mezzi pesanti” se i lavori non riprenderanno.
Di soldi ne mancherebbero tanti anche nelle tasche del Comune. Come scritto da Repubblica nei giorni scorsi, potrebbe ammontare a ottocento milioni di euro il buco nelle casse di Roma Capitale. Per ora sono solo ipotesi, ma entro qualche giorno la cifra andrà ufficializzata di fronte alla giunta.
A secco pure i quindici municipi cittadini, che chiedono fondi per l’edilizia scolastica, i servizi sociali e la manutenzione stradale.
E poi c’è il nodo discarica. Il commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, il prefetto Goffredo Sottile, ad agosto ha individuato nel sito di Falcognana (Roma Sud, sull’Ardeatina, nei pressi del santuario del Divino Amore) l’area idonea ad ospitare i rifiuti per il dopo Malagrotta. Ma anche qui di decisioni irrevocabili non ce ne sono: il sindaco Marino e il governatore del Lazio Zingaretti si muovono con cautela su un terreno minato.
I comitati cittadini intanto sono sul piede di guerra da settimane: blocchi stradali, esposti, proteste sotto gli uffici del ministero dell’Ambiente. Tutta roba già vista, considerato che da due anni la Capitale è in ‘emergenza’ ed è alla ricerca di un sito che sostituisca Malagrotta. La discarica di Roma a fine settembre dovrebbe chiudere. Salvo ennesime proroghe. Ma anche quello, in fondo, sarebbe un copione già visto.