Cresce l’occupazione Usa. Nuova tempesta in arrivo?
Cresce la tensione sui mercati finanziari per un possibile allentamento delle politiche monetarie da parte degli Stati Uniti.
I dati diffusi dal Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti alimentano le pressioni sul governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, affinché riduca il piano di acquisti dei titoli di stato americani.
Il tasso di disoccupazione è infatti calato dal 7,4% al 7,3%, con un aumento dei posti di lavoro creati dall’economia americana pari a 169.000 nel solo mese di agosto.
Numeri, secondo alcuni analisti, al di sotto delle previsioni, ma che forniscono un quadro economico in leggero miglioramento per gli Stati Uniti. Avendo agganciato il seppur timido treno della ripresa, le voci su una possibile riduzione del piano di acquisti di titoli di stato americani predisposto dalla Federal Reserve diventano ora sempre più insistenti.
Lo stesso Ben Bernanke annunciò lo scorso maggio il cd. tapering, ossia l’assottigliamento delle politiche monetarie non convenzionali imperniate su acquisti di bond con scadenze più lunghe.
Lo stimolo monetario escogitato dalla banca centrale americana prevede infatti un’iniezione di liquidità su base mensile parti ad 85 miliardi di dollari. Con tale politica, giustificata da una situazione economica asfittica legata alla tempesta finanziaria abbattutasi sulle economie occidentali a causa della crisi dei mutui subprime, la banca centrale americana si propone infatti di supportare la crescita della domanda interna, degli investimenti e dell’occupazione attraverso l’immissione di liquidità nel sistema.
Un obiettivo che, a differenza dello stringente mandato di controllo del tasso di inflazione conferito alla Banca Centrale Europea, può essere perseguito dalla Federal Reserve. Avendo dunque fissato come obiettivo il calo del tasso di disoccupazione al 6,5%, ed essendo i dati sull’occupazione americana in evidente ripresa, il governatore della banca centrale Ben Bernanke potrebbe decidere di porre un freno alle politiche di stimolo monetario già il prossimo 17 settembre, dovendo tener conto dei timori legati alla crescita del tasso di inflazione.
Senonché, quello che potrebbe essere inteso un ritorno alla normalità per gli Stati Uniti, dopo un periodo di droga monetaria, potrebbe invece avere degli effetti dirompenti sulle economie dei paesi emergenti.
Le politiche monetarie non convenzionali della Federal Reserve e, dunque, la riduzione dei rendimenti sui titoli di stato americani, hanno indotto gli investitori finanziari a spostare capitali nei paesi emergenti, come Brasile ed India, alla ricerca di opportunità di rendimento più elevate.
Un gioco che potrebbe essere Interrotto dalla riduzione dell’acquisto dei bond annunciato da Ben Bernanke, e che avrebbe inoltre spinto gli investitori a vendere titoli dei paesi emergenti, innescando una crisi valutaria e quindi l’intervento delle banche centrali con riserve valutarie negli stessi paesi.
C’è dunque il fondato rischio che la ripresa americana possa alimentare nuove tempeste finanziarie.
A cura di Luigi Guerra
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