Grillo: Fo al Senato, gli “aperturisti” fuori
Probabilmente il termine “aperturista” non farà parte di nessuna edizione del vocabolario di Beppe Grillo. Almeno a giudicare da breve post che ieri sera è finito sul suo blog: il titolo, Guida per parlamentari M5S autostoppisti eventualmente dispersi a Roma, non lascia dubbi all’interpretazione.
Il leader 5 Stelle, infatti, si è limitato a ricordare una frasetta del “Codice di comportamento eletti MoVimento 5 Stelle in Parlamento” che, da sola, sarebbe in grado di stroncare ogni polemica o protesta: “I gruppi parlamentari del M5S non dovranno associarsi con altri partiti o coalizioni o gruppi se non per votazioni su punti condivisi”.
Per Grillo la frase è chiarissima, tanto più che il codice è stato “liberamente sottoscritto pubblicamente da tutti i candidati PRIMA delle elezioni politiche per poter partecipare” (le maiuscole sono originali).
A ben guardare, la lettera del testo esclude soltanto che il gruppo M5S si unisca stabilmente ad altri gruppi, essenzialmente per sostenere un governo; non esclude invece singole posizioni differenti. Per l’ideatore del MoVimento, tuttavia, l’unica alternativa resta tra il rispetto della linea o l’abbandono del gruppo stellato: altre volte Grillo ha indicato (gridando) la porta ai dissidenti, stavolta l’ha fatto solo capire.
Mentre un gruppo di deputati 5 Stelle è ancora “accampato” sul tetto di Montecitorio (e non sembra intenzionato a scendere), un nuovo post del blog di Grillo rompe di nuovo il silenzio sulla vicenda dei senatori a vita e questa volta fa un nome e un cognome. Quello di un illustre escluso, che lui avrebbe voluto vedere su un seggio onorifico di Palazzo Madama: Dario Fo.
“Da giorni, c’è un tarlo che mi rode. La sensazione di tenersi dentro un rospo. Quella che ti guardano e ti dicono: Se devi dirlo, allora dillo per l’amor del cielo“. Lo stesso Grillo ricorda di essere contrario alla nomina di senatori a vita che, col loro diritto di voto, “alterano gli equilibri della democrazia popolare: un’usanza medioevale e antidemocratica” (meglio riempirli di titoli, ma non di diritto di voto), ma questo non cambia la sua posizione.
“Dario avrebbe rifiutato, va bene – spiega – ma il gesto andava fatto. Se non lui, uno dei due Nobel italiani in vita, chi altri?” Grillo qualifica la scelta di Napolitano come “uno sgarbo istituzionale” e, senza togliere il rispetto ai nominati, conferma il “forte sospetto” che le quattro persone scelte una settimana fa siano un bottino di quattro voti a favore di un futuro governo a guida Pd.
“Quattro indizi fanno una prova. Perché non Dario Fo? Forse perché è un uomo libero, non condizionabile? La decisione è stata presa su che basi? Mistero”. Grillo se la prende pure con giornali e tv, che avrebbero magnificato la saggezza della scelta di Napolitano, senza spendere “una parola sul Grande Assente, su Dario Fo. Tutti allineati a difendere il fortino”. L’ennesima volontaria mancanza, secondo lui, dell’informazione italiana. Che rimedia ora, ovviamente, rilanciando l’ennesimo intervento di Grillo: “Ecco, ora l’ho detto. Dario è il mio senatore a vita e come direbbe Guccini ‘a culo tutto il resto‘”.
Gabriele Maestri