Dopo la firma degli Accordi di Abramo, avvenuta a Washington nelle scorse due settimane, la quale ha dato avvio al processo di riavvicinamento fra Emirati Arabi Uniti e Israele, la mediazione dell’amministrazione Trump potrebbe portare ad un nuovo accordo di riconoscimento: quello fra Sudan e lo Stato Ebraico.
La rimozione delle sanzioni statunitensi
Nel Giugno scorso l’amministrazione americana, secondo fonti governative anonime sudanesi, avrebbe indicato al Primo Ministro del governo provvisorio Hamdok un piano articolato in 6 punti atto a produrre un piano di riforma dell’esercito, un piano nazionale di lotta al terrorismo, oltre a ulteriori tematiche legate alla libertà religiosa e alla firma di accordi internazionali legati alla tutela dei diritti umani. Inoltre, la Casa Bianca avrebbe auspicato la supervisione delle Nazioni Unite sul processo di transizione democratica del paese africano.
Si tratterebbe dunque di un grosso passo in avanti anche nei rapporti tra i due paesi, incrinati da quando nel 1993 il Sudan è stato inserito nell’elenco americano degli stati ritenuti sponsor del terrorismo, con l’accusa di aver dato rifugio all’ex leader jihadista Osama Bin Laden, insistendo affinché il Sudan ammettesse le sue colpe verso le vittime del terrorismo in Africa Orientale. Nel 1997 arrivarono poi le prime sanzioni economiche, che solo verso la fine della seconda amministrazione Obama hanno iniziato ad essere rimosse.
La speranza di Khartoum rimane dunque quella della normalizzazione dei rapporti con gli USA, in primis attraverso la rimozione dell’elenco degli ‘’stati canaglia’’, elemento che sembra essere nei piani di Trump anche in vista delle presidenziali di novembre, cercando di attrarre nell’orbita americana uno stato che, fino al colpo di stato contro l’ex leader al-Bashir dell’aprile 2019, aveva stretti legami con la Russia.
La normalizzazione arriva in Africa?
Dopo gli Emirati Arabi, pare dunque che la svolta nella normalizzazione dei rapporti diplomatici stia per muovere i propri passi in Africa, più precisamente verso Khartoum. Secondo l’indiscrezione lanciata dal sito americano Axios infatti, il Segretario di Stato americano Mike Pompeo è stato negli ultimi tempi impegnato per cercare di estendere nuovi riconoscimenti diplomatici nei rapporti fra Israele e Sudan, cavalcando l’onda della transizione democratica sudanese, definita ‘’un’opportunità unica’’ da Pompeo, recatosi il 25 agosto scorso nel paese africano, la mediazione USA sarebbe dunque improntata a replicare gli Accordi di Abramo firmati a Washington.
Tuttavia, vi sono elementi che potrebbero costituire ostacoli nel processo di normalizzazione, primo su tutti, secondo quanto affermato dal leader del governo di transizione sudanese, Abdallah Hamdok, che il governo attualmente in carica non ha mandato per decidere in materia di normalizzazione con Israele, rimandando la questione a quando sarebbero stati formati degli organi di transizione per il Sudan, che al momento ancora è privo di un organo legislativo.
Hamdok ha comunque ribadito la richiesta all’amministrazione americana di rimuovere il paese dall’elenco di stati sostenitori di organizzazioni terroristiche al fine di favorire tale processo di normalizzazione, cui si è sommato l’invito a separare l’avanzamento dell’uscita dall’elenco da quello della normalizzazione con Israele.
I colloqui ad Abu Dhabi
Per portare avanti un dialogo su questi temi, una delegazione di alto livello partita da Khartoum si è recata ad Abu Dhabi sotto la guida del generale Abdel-Fattah al-Burhan, capo del Consiglio Militare di Transizione e promotore delle principali riforme democratiche del paese in seguito alla deposizione del regime di Bashir.
Citando fonti anonime, sempre lo stesso Axios ha riferito che oltre alla rimozione dalla lista del terrorismo, il Sudan avrebbe chiesto oltre 3 miliardi di dollari da poter gestire in tematiche umanitarie in cambio di un accordo con Israele, cercando inoltre una fornitura continuativa di aiuti economici da parte di Stati Uniti ed Emirati Arabi per i prossimi 3 anni.
Il ruolo degli USA
Per gli Stati Uniti, la normalizzazione dei rapporti fra Israele e Sudan non è solo un obiettivo volto ad aiutare l’alleato mediorientale e nemmeno uno dei tanti punti di politica estera voluti dalla presidenza Trump da portare a termine prima delle elezioni di novembre.
Si tratta prima di tutto di attrarre lo stato africano verso l’orbita di Washington sottraendolo a quella di Mosca, preziosa alleata durante il regime di al-Bashir, in particolare nel periodo immediatamente successivo al 2016, quando fondi russi finanziarono la costruzione di una centrale nucleare per sopperire alla mancanza di elettricità e di servizi in generale nel paese. Non mancano tuttavia le opposizioni a questi accordi di normalizzazione con Israele, prima tra tutte quella palestinese, che definisce ‘’un vero e proprio tradimento’’ la loro firma, la quale andrebbe a indebolire ancor di più la posizione panaraba del riconoscimento di Israele basato sul ritiro dello stesso dal territorio occupato e dal riconoscimento della Palestina come stato a sé, opposizione che la comunità palestinese sta portando da mesi alle luci della ribalta con una serrata propaganda via web.