Il Papa, la pace, la politica
Su due cose vorrei non ci fossero dubbi. Io apprezzo fino in fondo l’iniziativa del Papa per la Pace in Siria.
La seconda cosa sulla quale vorrei non ci fossero fraintendimenti è che la Pace non può essere un concetto generico.
Parlare di Pace ha un senso se si propone, se si applica, se si persegue un modo concreto per ottenerla.
Nel caso della Siria (ma in tutte le vicende che hanno portato a conflitti) le difficoltà iniziano qui.
Le vicende della politica internazionale non sono mai semplici, non sono mai schematiche, sono sempre complesse, articolate e rischiano di aprire altri conflitti se non vengono affrontate nel rispetto di tutte le parti.
Il Papa una cosa chiarissima la dice, cito testualmente: “Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche…C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza”.
Stando a queste parole il Papa condanna, o meglio non aderisce, alla proposta di Barak Obama di intervenire in Siria per punire Assad e l’uso di armi chimiche: “guerra chiama guerra”.
Ne discende che bisogna incrementare le pressioni di altro tipo su Assad perché non porti la guerra alle estreme conseguenze e bisogna ugualmente premere sulle varie fazioni dei ribelli perchè accettino di fermare i combattimenti e si rendano disponibili per una trattativa…
Non si può dire che la comunità internazionale non ci abbia provato (la guerra in Siria è cominciata due anni fa). Certo, probabilmente questa azione si è resa meno incisiva perché ogni potenza che ha proposto una mediazione lo ha fatto pensando anche ai propri interessi e non certo, come si dice adesso, alle vittime civili.
Dunque allo stato dei fatti la domanda da rivolgere a chi oggi invoca la Pace è che cosa fare concretamente quando i margini di una trattativa si sono ristretti o non ci sono più.
Due alternative: fare come dice Obama, di fronte all’uso di armi chimiche avremmo dovuto “voltare la testa dall’altra parte?”. Che la guerra la vinca chi ha le armi migliori, chi ne ha di più, chi sa essere più cinico e crudele. Oppure prendere in considerazione l’opzione dell’intervento umanitario, di quella che ai tempi dei Balcani era la cosiddetta “ingerenza umanitaria”.
Sono esattamente le due alternative sul campo in questo momento e anche chi oggi prega per la Pace dovrebbe fare lo sforzo di sceglierNe una o l’altra, oppure proporne una nuova. Perché la Pace non è un principio astratto. E se lo fosse non avrebbe attinenza con la realtà e allora non vale la pena nemmeno pregare.