Settimana all’insegna della stabilizzazione delle condizioni economiche in varie aree del mondo, anche se vari segnali continuano a richiedere prudenza circa la effettiva forza della ripresa.
In Europa la Banca centrale europea ha deciso di aumentare la sua stima relativa al prodotto interno lordo dell’area euro per il 2013, da -0,6 a -0,4 per cento, limando di uno 0,1 per cento al rialzo le stime di inflazione, che dovrebbero vedere un tasso dell’1,5 per cento. A conferma, tuttavia, dei problemi che ancora potrebbero avere un effetto negativo sull’economia europea, lo stesso istituto ha abbassato le stime di crescita del 2014 dall’1,1 all’1 per cento netto, con un inflazione ferma all’1,3 per cento.
Lo stesso Mario Draghi, nel corso della conferenza stampa di giovedì, ha ricordato che i germogli di ripresa sono ancora molto molto verdi, cui va aggiunto il fatto che c’è un certo consenso (implicito) relativo al fatto che, a meno di eventi shock (ad esempio una escalation in Siria) i rischi di inflazione vanno al ribasso, non al rialzo. Ciò tuttavia non è un segnale che la banca potrebbe abbassare i tassi d’interesse, poiché restano forti le pressioni tedesche, che invece temono un aumento almeno a livello locale.
Dall’altra parte dell’Atlantico degli Stati Uniti hanno rilasciato un report sul mercato del lavoro che, nonostante un tasso di disoccupazione ancora in calo, ha anche mostrato che circa mezzo milione di statunitensi sono usciti dalla forza lavoro, portando il tasso di partecipazione ai minimi dall’agosto 1978.
Il report, tuttavia, non sembra essere sufficientemente deprimente per impedire alla Federal Reserve di annunciare prossimamente la riduzione del quantitative easing, propendendo piuttosto per un approccio ancora più soft. Possibile dunque nel prossimo futuro un intervento leggero, volto soprattutto a contrastare l’irripidimento dei tassi di interesse sulle più lunghe scadenze, segnale che certifica che la ripresa economica è effettivamente in atto, ma che potrebbe d’altro canto contribuire a raffreddarla.
In Italia continuerà a pesare l’instabilità politica, poiché a partire dal 9 settembre, probabilmente per la durata di qualche settimana, verrà discussa dal Senato della Repubblica la questione della decadenza di Silvio Berlusconi, che ha più volte minacciato di staccare la spina al governo Letta nel caso in cui fosse escluso dal Parlamento e quindi “ridotto” ad essere un cittadino normale, privo dello scudo offerto dalla carica di parlamentare.
Ciò potrebbe comportare un periodo di instabilità politica ancora più profondo dell’attuale, caratterizzato da poche idee confuse e molti rinvii delle manovre chiave, che potrebbe anche sfociare in un ritorno alle urne che potrebbe spegnere le speranze di una scintilla di ripresa economica anche nel Belpaese, uno dei pochi (l’unico fra i sette paesi più avanzati) a non averne ancora beneficiato.
Arriva intanto dal Giappone la notizia che il prodotto interno lordo resta forte, e dunque il governo di Shinzo Abe avrebbe la strada spianata per aumentare le imposte sulle vendite come previsto.
L’agenda macroeconomica prevede per martedì la stima del Prodotto Interno Lordo italiano: su base trimestrale dovrebbe essere confermato al -0,2 per cento, mentre su base annua il calo dovrebbe rimanere al 2 per cento.
Mercoledì la Germania renderà noto il suo indice dei prezzi al consumo, che dovrebbe mostrare prezzi fermi sia su base mensile (0,0 per cento) che su base annua (1,5 per cento) rispetto alla rilevazione precedente. Prevista un’asta di Bot italiani a tre e dodici mesi e una di Bund tedeschi a dieci anni.
Giovedì conosceremo la produzione industriale italiana, che dovrebbe crescere su base mensile dello 0,3 per cento, registrando tuttavia un peggioramento su base annua a -2 5 per cento. Prevista poi un’asta di Btp a tre anni, mentre l’Unione Europea renderà nota la produzione industriale, che dovrebbe aumentare dello 0,1 su base mensile e diminuire dello 0,1 su base annua. Le richieste di nuovi sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti dovrebbero salire di cinquemila unità, a 328 mila.
Venerdì verranno resi noti le vendite al dettaglio negli Stati Uniti che sono attese in salita dello 0,4 per cento su base mensile, nonché l’indice che misura la fiducia dei consumatori elaborato dall’università del Michigan, che dovrebbe essere limato a 82 punti nella sua stima preliminare.