Bashar al Assad non arretra di un centimetro. Anzi. Il Presidente siriano, sempre più sicuro di sé, alza la voce addirittura fuori casa: intervistato, a Damasco, dalla rete americana Cbs, ha infatti affermato che “vi sarà, fra le persone che sono allineate con lui, un certo tipo di ritorsione in caso di attacco”.
Assad “non ha voluto neanche parlare della natura di questa risposta”, ha riferito il giornalista Charlie Rose, autore dell’intervista che verrà mandata in onda stamattina. Il leader ha inoltre ripetuto di “non aver nulla a che fare” con l’attacco con armi chimiche del 21 agosto scorso, che potrebbe essere la causa scatenante della guerra.
Nel corso dell’intervista Assad ha sottolineato il fatto che, se la Siria fosse veramente in possesso di armi chimiche, “queste sarebbero sotto controllo centralizzato e nessuno vi potrebbe accedere”, suggerendo che casomai “sono i ribelli ad avere qualcosa a che fare con questa storia”.
Ad presidente siriano risponde il capo dello staff della Casa Bianca, Denis McDonough, intervistato dalla rete Nbc, il quale afferma che il raid contro la Siria sarà un messaggio rivolto all’Iran perché non si senta libero di poter sviluppare l’arma nucleare. “Se Assad non verrà fermato, farà ancora uso di armi chimiche”, ha proseguito McDonough, uno dei più stretti e consiglieri del Presidente Obama, e ciò significherà “un maggior rischio della loro proliferazione” e la loro possibile caduta nelle mani di terroristi.
Il capo dello staff della Casa Bianca ha poi ribadito che l’intervento americano sarà mirato e limitato, dato che, per far cessare la guerra civile in corso “non vi è una soluzione militare ma solo una soluzione politica e diplomatica”. Dura anche la presa di posizione del il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. “Se le armi chimiche sono state usate in Siria, la comunità internazionale deve fare qualcosa”.
In mattinata, intanto, si è svolta a Londra una conferenza stampa congiunta tra il Segretario di Stato Usa, John Kerry, e il suo omologo britannico, William Hague. Dal colloquio è emersa un’importante precisazione di Kerry che lascia aperto uno spiraglio utile a scongiurare l’intervento militare: “Assad potrebbe evitare un attacco consegnando le sue armi chimiche alla comunità internazionale entro la settimana prossima”, ha detto il segretario di Stato Usa, aggiungendo tuttavia che il presidente siriano “non sembra sul punto di farlo”. Dichiarazione, quest’ultima, smentita dalle parole del ministro degli Esteri siriano Walid al-Mouallem “Il regime siriano ha accolto con favore la proposta russa di porre i propri arsenali di armi chimiche sotto controllo internazionale”.
“La soluzione politica resta la soluzione ultima per la fine del conflitto in Siria” ha affermato Kerry, che però ha segnalato come essa sia “stata perseguita per anni” senza portare ad alcun risultato.
Il ministro degli Esteri britannico Hague ha invece chiarito che non c’è nessuna differenza di visione strategica tra Gran Bretagna e Usa, anche se gli americani guideranno il possibile intervento militare contro il governo siriano, mentre gli inglesi non vi prenderanno nemmeno parte (visto il voto contrario della Camera dei Comuni).
Nonostante ciò, Hague ha voluto precisare che gli Stati Uniti hanno il “totale sostegno diplomatico”, della Gran Bretagna, andando così a rinsaldare quella “special relationship” che lega i due paesi fin dalla seconda guerra mondiale.