Farsi governare dai media
Sardelli pare l’abbia detto: era stanco di venire insultato e bersagliato perchè faceva parte della maggioranza, della casta. Anche per questo si è assentato e non ha votato la fiducia venerdì scorso.
Sardelli appartiene a quella categoria di notabilato meridionale che non brilla per fermezza di appartenenza e pensa in effetti al consenso e alla sopravvivenza. Sono moltissimi quelli della sua risma, e soprattutto a sud di Roma, e in altre occasioni il governo Berlusconi se ne è servito piuttosto che dolersene come ora.
Tuttavia lascia l’amaro in bocca vedere che tanti politici contribuiscono a mettere in moto un circolo vizioso che vede una notizia o meglio una impressione, un battage mediatico, auto-avverarsi perchè qualcuno ci ha creduto, esattamente in modo parallelo a quanto avviene in economia: poichè qualcuno a dispetto di fondamentali sani dubita della possibilità di ripagamento del debito italiano, si pagheranno più interessi e i maggiori interessi effettivamente appesantiscono il bilancio italiano peggiorando le possibilità di restituzione del debito. Così in politica se 10 editoriali – fotocopia per mesi, o forse anni dipingono un governo “allo sbando”, con una legislatura che sicuramente dovrà finire prima (negli ultimi 40 anni quanto tempo è passato prima che sui giornali si parlasse di elezioni anticipate? 1-2 anni al massimo?), di “un govenro che non governa”, o “in dirittura di arrivo” e con mille altre espressioni stereotipate giornalistiche e frasi fatte, ecco che qualche onorevole che non aveva iniziato la politica per passione e fede ma per ricerca di consenso personale, comincia a vacillare e a fare avverare profezie che altrimenti come mille altre volte rimarrebbero nell’inchiostro dei giornali.
In altri Paesi vediamo governi in carica che hanno la certezza di non essere rieletti, che sono 15 punti sotto nei sondaggi eppure non si vedono salti della quaglia, creazioni di improbabili sigle partitiche nel gruppo misto, invocazioni di “governi di decantazione”, si va alle elezioni, la maggior parte di volte alla scadenza naturale, e si accetta il risultato, usando il tempo nel provare a risollevare le sorti della propria parte invece che nel fare giochetti a proprio uso e consumo.
La Spagna va a elezioni anticipate ma nonostante i 15 punti di svantaggio non si vedono deputati del PSOE transitare dalla parte opposta o fondare improbabili partitini di centro da cui contrattare posticini. E nella maggior parte dei casi comunque si arriva alla fine naturale della legislatura, per esempio in Inghilterra nel 1997, con i Tories che sapevano di perdere molto pesantemente con il New Labour di Blair o in Francia nel 1993 prima della landslide della destra ai danni dei socialisti.
Questo perchè c’è un coinvolgimento ideale, che non vuol dire rigidità ideologica sui contenuti, ma almeno appartenenza ad una storia e condivisione del destino, autonomia e forza di pensiero, che non dipenda da editoriali o dimostrazioni.
Tra l’altro cosa impedisce a tutti i protagonisti di PDL, Lega e alleati per mostrare un minimo di serietà e dedizione di rimanere con governo e maggioranza stabili fino al 2013 progettando una successione a Berlusconi nell’autunno del 2012 con una operazione che sia anzi di vantaggio a tutto il centrodestra, come le primarie per la scelta del leader, dando così freschezza e rilancio?