La Norvegia congeda il governo di centrosinistra e sceglie di affidarsi al centrodestra.
Il partito socialdemocratico dell’ormai ex premier Jens Stoltenberg resta la prima forza politica del paese. Erna Solberg, leader della Destra, sarà il prossimo primo ministro.
Nessuna sorpresa dal voto di ieri. I risultati erano stati ampiamente previsti. Diversi dalle aspettative sono solo alcuni numeri. Il partito laburista ottiene il 30,9 per cento (-4,5 rispetto alle elezioni del 2009).
I due alleati di governo, il Partito di Centro e il Partito della Sinistra Socialista, si fermano rispettivamente al 5,5 (-0,7 per cento) e al 4,1 (-2,1 per cento). Il governo di centrosinistra che ha governato per otto anni la Norvegia lascia per strada poco meno di sette punti percentuali e mezzo.
È la Destra a fare il salto più significativo: il partito di Solberg ottiene il 26,8 per cento, mettendo a segno un incremento del 9,6 rispetto al 2009. Pur ottenendo un paio di punti in meno rispetto alle attese, la Destra è di gran lunga la forza numericamente più significativa nel blocco conservatore. Il Partito del Progresso è al 16,4 (-6,6 rispetto al 2009), il Partito Popolare Cristiano al 5,6 (così come quattro anni fa) e i Liberali al 5,2 (una crescita dell’1,3 per cento).
Traducendo in seggi, il blocco di centrosinistra ne mette insieme 72 contro i 96 del centrodestra. Un seggio va ai Verdi, che ottengono il 2,8 per cento.
Geograficamente il voto ci restituisce la Norvegia politica che conosciamo. Il centrosinistra resta forte nel nord mentre il centrodestra si tiene le coste del sud e la regione di Oslo. Resta ai conservatori anche la contea del Troms, già conquistata alle amministrative di due anni fa.
Jens Stoltenberg ha ammesso la sconfitta già due ore dopo la chiusura delle urne, aggiungendo d’essere pronto a rimettere il suo mandato a metà ottobre, dopo la presentazione del bilancio statale. “Siamo andati molto lontano” ha dichiarato, “ma non abbastanza”. Ha poi ringraziato Solberg per aver condotto una campagna elettorale onesta.
Per il ricco paese scandinavo si apre così una nuova fase politica. Erna Solberg ha promesso di non voler fare rivoluzioni, ma dovrà resistere al pressing del Partito del Progresso che invece vorrebbe introdurre tante novità nella società norvegese: dalle regole sull’immigrazione al fisco, dalle privatizzazioni all’utilizzo del denaro dell’industria petrolifera.
Solberg ha già invitato i leader dei tre partiti di centrodestra a sedere con lei al tavolo per la formazione di un nuovo governo. “Per molti di noi il lavoro è appena cominciato” ha detto. Se dovesse riuscire a tenere dentro tutti e tre i partiti (cosa non semplicissima considerate le diverse sensibilità su una miriade di temi), Solberg potrebbe contare su una maggioranza ampissima, caso insolito nella storia della Norvegia. Non è neppure da escludere l’ipotesi di un appoggio esterno da parte di liberali e cristiano popolari: in quel caso i dicasteri se li spartirebbero Destra e Partito del Progresso.
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La sconfitta elettorale di ieri dovrebbe mettere fine alla leadership politica di Jens Stoltenberg. Il partito laburista avvierà un processo di rinnovamento della propria classe dirigente. In fondo se ne parla da mesi. Già a gennaio il quotidiano Aftenposten aveva provato a tracciare la road map: Stoltenberg alla guida del partito ancora per qualche mese, magari fino al 2015, per lasciare al suo successore il tempo necessario per lavorare alla campagna elettorale del 2017.
Insieme a Stoltenberg scivoleranno probabilmente in seconda fila molti dei politici che oggi occupano i vertici del partito. Jonas Gahr Støre, Raymond Johansen, Helga Pedersen: gente competente, influente, stimata, ma riconducibile al gruppo dirigente che fa capo all’ex premier. Un ulteriore segno di una stagione politica che ieri si è chiusa.