Alberto Bevilacqua, uno sguardo all’inchiesta e uno all’artista

Pubblicato il 10 Settembre 2013 alle 17:35 Autore: Cecilia Lazzareschi

Alberto Bevilacqua, uno sguardo all’inchiesta e uno all’artista

Quando un artista che ha fatto la storia del cinema e della letteratura italiana dagli anni Cinquanta fino ad oggi ci lascia, impossibile essere preparati. Ma la cronaca è spietata: ieri, all’età di 79 anni si è spento Alberto Bevilacqua nella clinica privata Villa Mafalda a Roma, dove era ricoverato dal 26 gennaio scorso.

Come spesso accade alla morte di personalità di spicco però, non mancano le polemiche: la diatriba vede protagoniste la sorella Anna e la compagna dello scrittore, Michele Miti. Questa aveva presentato un esposto alla Procura di Roma in quanto la clinica non aveva voluto trasferirlo in una struttura pubblica. Il Pm, già il giorno seguente, aveva aperto un’inchiesta ma tutto contro la volontà di Anna Bevilacqua, che premeva invece per continuare il ricovero nella villa privata. Il legale della Miti, dopo il lutto di ieri, ha richiesto l’autopsia. La Procura di Roma ha approvato ma contro la volontà della famiglia e in particolare della sorella.

In attesa dell’analisi che porterà luce sulla questione, diamo un dovuto sguardo ad Alberto Bevilacqua artista, dimenticandoci per un momento della questione legale.

Il suo primo grande successo fu senza dubbio “La Califfa”(1964), da lui stesso trasformato in film nel 1970: in un contesto narrativo che può richiamare il Neorealismo, spicca l’acuta analisi psicologica, figlia dei grandi prosatori del primo Novecento. Ma in generale tutta la sua produzione letteraria, se letta e considerata come un unicum, ricopre la storia d’Italia dal dopoguerra agli ultimi anni Novanta, passando per il boom economico e per la vita gaudente di quegli anni. Tutto permeato di un autentico e vivo realismo, tutto sullo sfondo della sua Parma o di Roma, o di qualsiasi luogo sia lo specchio di uno stato d’animo.

Ma di un artista eclettico come lui, pluripremiato ed apprezzato, si ricordino anche le poesie, che anzi hanno rappresentato per lui le nutrici più care e affezionate. Sempre partendo dalla concretezza delle cose, in raccolte come “Piccole questioni di Eternità”(2002), Bevilacqua arriva a toccare e descrivere i lati più ambigui e oscuri della vita: il nulla, i sensi meno decifrabili, le parole non dette.

Invece noi vogliamo ricordarlo proprio con delle parole che lui ha detto, durante la consegna del premio speciale alla carriera, nel 2009. L’artista, ma qui soprattutto uomo, cita dei versi che dichiara di aver composto a tredici anni e definisce «non cercati, non voluti, in cui c’era già tutto quello che avrei scritto».

Sordi di fronte alle polemiche ridondandi, ascoltiamo solamente il suono di questo incredibile, proclamato, testamento poetico: «Io cerco un ventre orgoglioso e umiliato, per morirci dentro come ci sono nato.»

Cecilia Lazzareschi