Papa Francesco non finisce di stupire. Su “Repubblica” di oggi, infatti, compare la risposta del Pontefice alle due lettere pubblicate da Eugenio Scalfari il 7 luglio e il 7 agosto scorsi, che indirettamente lo interpellavano sul significato della fede.
Da subito Bergoglio sottolinea come sia importante cercare un dialogo anche con coloro che non credono: “Mi pare dunque sia senz’altro positivo, non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù”.
Fondamentale l’accenno ad un contatto che deve esserci tra la cultura cristiana e la cultura laica di derivazione illuminista: “La fede cristiana [..] è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista, dall’altra, si è giunti all’incomunicabilità. È venuto ormai il tempo […] di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro”.
Questo dialogo, per il pontefice, “non è un accessorio secondario dell’esistenza del credente” essendone invece “un’espressione intima e indispensabile”, che non deve però porre colui che ha fede in una posizione di superiorità, dato che “il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede”.
Dopo una prima parte introduttiva, lo scritto di Papa Francesco si fa più specifico e prova a rispondere ai quesiti di Scalfari. Si comincia con l’articolo del 7 luglio scorso.
“Lei mi chiede come capire l’originalità della fede cristiana in quanto essa fa perno appunto sull’incarnazione del Figlio di Dio, rispetto ad altre fedi che gravitano invece attorno alla trascendenza assoluta di Dio. L’originalità, direi, sta proprio nel fatto che la fede ci fa partecipare, in Gesù, al rapporto che Egli ha con Dio […] e che Egli ha con tutti gli altri uomini, compresi i nemici, nel segno dell’amore. In altri termini, la figliolanza di Gesù, come ce la presenta la fede cristiana, non è rivelata per marcare una separazione insormontabile tra Gesù e tutti gli altri: ma per dirci che, in Lui, tutti siamo chiamati a essere figli dell’unico Padre e fratelli tra di noi. La singolarità di Gesù è per la comunicazione, non per l’esclusione”.
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Il Pontefice passa poi ad analizzare la lettera del 7 agosto. E subito dà un’indicazione importante nel rapporto che può intercorrere tra Dio e un non credente: “Premesso che la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire”.
Altro tema posto da Scalfari è se la verità di chi ha fede sia assoluta o se esistano invece più verità relative. Qui il Papa prova a fare un po’ di chiarezza: “Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita”.
Si affronta, infine, la questione più filosofica e, forse, più paradossale: il fondatore di Repubblica chiede se, con la scomparsa dell’uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio. E quindi se, morto l’uomo, morrà anche Dio.
A tal proposito Francesco replica: “La grandezza dell’uomo sta nel poter pensare Dio. E cioè nel poter vivere un rapporto consapevole e responsabile con Lui. Ma il rapporto è tra due realtà. Dio […] non è un’idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell’uomo. Dio è realtà con la “R” maiuscola. Gesù ce lo rivela – e vive il rapporto con Lui – come un Padre di bontà e misericordia infinita. Dio non dipende, dunque, dal nostro pensiero. Del resto, anche quando venisse a finire la vita dell’uomo sulla terra […], l’uomo non terminerà di esistere e, in un modo che non sappiamo, anche l’universo creato con lui”.
Non contento di aver destato stupore e ammirazione per il solo fatto di aver risposto ad un quotidiano mettendosi, Bergoglio, visitando ieri pomeriggio il Centro Astalli per rifugiati a Roma, lancia un’altra proposta che farà discutere: “I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi per guadagnare soldi – queste le sue parole – anche perché questi conventi non sono nostri ma sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati”.Secondo il Papa, quindi, i conventi non utilizzati per funzioni religiose andrebbero utilizzati per ospitare i rifugiati, nella piena osservanza del messaggio evangelico.