L’accordo di ieri sulla “conversione” delle questioni pregiudiziali sembra essersi già infranto contro il calendario. Sarebbe proprio la fissazione delle nuove sedute per discutere e votare sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi al centro di un nuovo scontro interno alla Giunta delle elezioni del Senato, che rischia di nuovo di far traballare l’intero esecutivo di Letta.
I rappresentanti del Pdl, in particolare, chiedono (attraverso Giacomo Caliendo) che si voti circa tra due settimane, dunque con tempi abbastanza lunghi, che potrebbero allungarsi con un voto positivo sulla relazione di Andrea Augello (Pdl), visto che riguarderebbe anche le questioni che richiedono l’intervento della Corte costituzionale e di quella di Lussemburgo.
Una posizione diametralmente opposta a quella sostenuta da Pd e M5S, che invece vorrebbero procedere ad oltranza: ciò significherebbe arrivare al voto sulla relazione entro questa settimana o, alla peggio, lunedì prossimo. Simile la posizione di Scelta civica, che è disposta a concedere un giorno in più, ma non ad andare oltre martedì.
Il disaccordo emerso in sede di ufficio di presidenza potrebbe ricomporsi domani, con la riunione della Giunta fissata per le 15; se però non si arriverà a un accordo unanime sul calendario, spetterà al presidente dell’organo, Dario Stefàno (Sel). E’ lui stesso a confermare che domani cercherà di fare una proposta che sia condivisibile dalla maggioranza più ampia possibile: “Le posizioni non sono distantissime, penso che si possa arrivare per domani a una decisione condivisa. All’ufficio di presidenza c’è stata qualche differenza di vedute sull’ordine dei lavori, ma si tratta di problemi superabili”.
Lo stesso Stefàno precisa che, quanto ai tempi, “non si parla di settimane ma della prossima settimana: l’ultima proposta del capogruppo Pdl in giunta è votare giovedì 19”; il calendario, in ogni caso, secondo il presidente non può essere dettato da esigenze di governo (“Non opereremmo in punta di diritto, ma per appartenenza politica”).
A testimoniare la tensione che si continua a respirare provvedono le parole del senatore socialista Enrico Buemi: lui parla di “diktat che provengono dall’esterno, e non dal centrodestra” e accusa il Pd di puntare, in fondo, alla caduta di Letta. Accuse subito bollate come “kafkiane, ridicole e pretestuose” dalla vicepresidente democratica della Giunta Stefania Pezzopane: “Lui non ha fatto nessuna di queste dichiarazioni in Ufficio di presidenza, ma solo alla stampa, e poi provengono da un uomo eletto nel Pd”.
In ogni caso, sui tempi si è legati al regolamento valido per questa procedura di verifica dei poteri, per cui ognuno dei 23 membri della giunta ha diritto fino a 20 minuti per intervenire e ogni gruppo (sono 8) ha un’ulteriore ora di tempo. Si parla dunque di un massimo di 940 minuti di dibattito, 15 ore e 40 minuti, cui aggiungere pause e rinvii, prima di arrivare al voto.
In caso di bocciatura il relatore decadrà dall’incarico e ne sarà nominato un altro che rediga una diversa proposta (aprendo la contestazione dell’elezione), con nuova discussione e dieci giorni di tempo per la difesa di Berlusconi: solo dopo la seduta pubblica si potrà votare, in camera di consiglio.