Inchiesta compravendita parlamentari pm chiede archiviazione Razzi e Scilipoti
Non esiste alcuna prova che dimostri che i parlamentari Antonio Razzi e Domenico Scilipoti, nel dicembre del 2010, lasciarono l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro in cambio di denaro o della promessa di altre utilità.
Al di là del fatto che, come prevede l’articolo 67 della Costituzione, ogni membro del Parlamento esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato, non ci sono elementi per sostenere in giudizio un’ipotesi di compravendita di parlamentari in occasione del voto di fiducia al governo guidato da Silvio Berlusconi.
Con queste motivazioni il pm Alberto Pioletti e il procuratore aggiunto Francesco Caporale hanno chiesto al gip di archiviare il procedimento aperto per istigazione alla corruzione a carico di ignoti.
In mancanza di un concreto passaggio di denaro, i magistrati hanno ritenuto di non poter sindacare le scelte di chi, per qualsiasi motivo, ha voluto liberamente cambiare ‘casacca’ politica.
Nel caso specifico, i parlamentari Razzi e Scilipoti, secondo quanto emerso dai numerosi accertamenti svolti dalla procura, avrebbero rotto con l’ex pm di Mani Pulite rispettivamente per ragioni di disagio personale e per valutazioni di natura politica in seno all’Idv.
L’inchiesta aveva preso il via da una denuncia dello stesso Di Pietro e anche da alcune notizie di stampa. Razzi e Scilipoti, rieletti come senatori lo scorso 25 febbraio in quota Pdl, sono stati sentiti in procura lo scorso 11 giugno come persone informate sui fatti: le loro spiegazioni sull’addio all’Idv sono state ritenute da chi indaga plausibili e convincenti.
Conclusioni, quelle del procuratore aggiunto Francesco Caporale e del pm Alberto Pioletti, che prescindono appunto dall’articolo 67 della Costituzione, il quale prevede che ogni parlamentare esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato.
Il fascicolo sulla compravendita di senatori era stato aperto, contro ignoti, per istigazione alla corruzione. Scilipoti e Razzi, attualmente nel Pdl, furono sentiti l’11 giugno scorso come testimoni e dichiararono di aver lasciato l’Idv per questioni di rapporti con Di Pietro e per ragioni politiche. Argomentazioni apparse, agli inquirenti, ‘convincenti’.