Signori, si chiude. Dappertutto. E’ la bruttissima notizia che riguarda tutte le fabbriche legate a Riva Acciaio: prima la Uilm ha parlato di 1400 esuberi, poi è la stessa azienda a confermare in una nota la cessazione da oggi di tutte le attività dell’azienda, esterne al perimetro gestionale dell’Ilva e relative a sette stabilimenti, a causa del sequestro preventivo penale del Gip di Taranto.
Da oggi, in particolare, cessano infatti tutte le attività degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco), come pure quelle di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti).
La decisione sarebbe stata necessaria perché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto, datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre (provvedimento in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i beni aziendali e sequestrati i conti correnti, senza possibilità di onorare i pagamenti) non permetterebbe più “le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività”.
La società della famiglia Riva ha comunque annunciato l’impugnazione dell’atto di sequestro nelle sedi più opportune, sequestro che era già stato attuato nei confronti della società controllante Riva Forni Elettrici “e inopinatamente esteso al patrimonio dell’azienda – segnala la proprietà – in lesione della sua autonomia giuridica”.
Nell’attesa dei risultati dell’impugnazione, tuttavia, Riva Acciaio non trova altra soluzione che sospendere le attività negli impianti (mettendoli in sicurezza): a questo seguirà per forza, “nei tempi e nei modi previsti dalla legge”, la sospensione delle prestazioni lavorative di circa 1400 lavoratori, esclusi soltanto gli addetti alla messa in sicurezza, conservazione e vigilanza di stabilimenti e beni aziendali.
“Ancora una volta le iniziative del Gip di Taranto determinano una ripercussione negativa sulla produzione siderurgica nazionale e sugli approvvigionamenti d’acciaio utili alle imprese manifatturiere italiane ed estere – nota Mario Ghini, segretario nazionale Uilm -. Tutte le parti sono coinvolte nel raggiungimento di un coerente equilibrio tra azioni di risanamento ambientale e ripristino produttivo relative al sito di Taranto, ma è inconcepibile che si mini la ripresa e l’occupazione confiscando le strutture”.
“Nessuna lentezza nelle procedure autorizzative può bloccare i lavori previsti dal piano Ambiente per l’Ilva – precisa il sindacalista – ma non possiamo accettare che produzione ed occupabilità delle aziende collegate paghino in modo così pesante e costante. Con questo ultimo annuncio di esuberi si è creato un clima d’incertezza nel settore siderurgico che fa male ai tentativi di ripresa dell’economia italiana e all’immagine del Paese sui mercati internazionali. Il sindacato si prepara a reagire duramente”.
Gabriele Maestri