Rogo in Russia. Seguono polemiche dopo rogo in ospedale psichiatrico
Una vera e propria tragedia si è consumata all’ospedale psichiatrico Oksochi situato nel villaggio di Luka. Provincia di Novgorod, a 200 km da San Pietroburgo, vicino al confine con la Bielorussia.
37 sono i morti causati da un terribile incendio, la prima vittima identificata è un’infermiera che ha perso la vita cercando di salvare i degenti.
Si esclude che vi siano dei dispersi, l’età avanzata e i problemi mentali dei pazienti, presenti nel reparto andato distrutto, fanno escludere che si siano potuti mettere in salvo da soli.
Le fiamme hanno completamente avvolto la struttura in legno, su un unico piano e divisa in 9 padiglioni, colpendo particolarmente il reparto maschile.
La magistratura russa sta indagando e, al momento, ipotizza il reato di omicidio per negligenza. Secondo le prime ricostruzioni a causare il rogo sarebbe stato un paziente che stava fumando una sigaretta a letto, intorno alle tre di notte.
A quell’ora, all’interno dell’ospedale, vi erano 60 persone. I circa 130 soccorritori ne hanno salvate 23, ma dai loro racconti emergono delle perplessità sulla sicurezza dell’edificio e sulla perizia dell’intervento da parte dei vigili del fuoco. Uno dei primi accorsi sul posto racconta delle difficoltà avute nell’aprire una finestra protetta da grate, il capo dei vigili del fuoco intervenuti sul posto ha invece affermato di aver prima pensato a spegnere le fiamme che a salvare chi era rimasto intrappolato.
Le autorità del luogo, da parte loro, sottolineano che la pericolosità del luogo era stata fatta presente già da tempo.
Con questo grave incidente si riapre la polemica sulla sicurezza delle strutture sanitarie russe: già ad Aprile era andato a fuoco un altro ospedale psichiatrico nei pressi di Mosca con un bilancio di 38 morti. Anche nel 2007 e nel 2009 vi sono stati rispettivamente 27 e 63 morti in due case di riposo nella Provincia di Komi e in quella di Krasnodar, nel 2006, invece, 45 donne persero la vita nel rogo di una clinica per la cura delle tossicodipendenze.
Vladimir Lukin, attivista liberale per i diritti umani e Ombudsman (difensore civico), parla di una vera e propria “emergenza umanitaria” e afferma che è finito per le autorità russe il tempo di prorogare l’intervento, invocando la necessità di “un efficace sistema di controllo pubblico su questo tipo di strutture”.