Notizia. I governi di Uganda, Kenya, Ruanda e Sud Sudan si sono accordati per avere in proprietà condivisa la nuova raffineria di Hoima, sulle sponde del lago Alberto.
Hoima è l’unica infrastruttura per la raffinazione di greggio in tutta l’Africa Orientale e potrebbe sollevare i quattro paesi dall’onerosa importazione di carburante dall’estero.
Soprattutto adesso che sono stati scoperti, oltre a quelli già conosciuti del Sud Sudan, ricchi giacimenti di greggio in Kenya, Somalia, nella Regione dei Grandi Laghi.
Non è poca cosa se se pensa che sulla costa Atlantica africana, che finora è stata la dorsale petrolifera del continente (Angola, Congo, Gabon, Nigeria) di raffinerie non ce ne sono.
In Nigeria, per esempio, primo produttore continentale di greggio, per fare benzina bisogna fare sempre (o quasi) una fila interminabile e, di conseguenza, fiorisce un mercato nero che quasi sempre è controllato dai militari o da potenti politici.
Ovviamente le compagnie petrolifere che ottengono concessioni per le prospezioni, la perforazione, l’estrazione e la commercializzazione preferiscono esportare direttamente il greggio, costruire oleodotti e poi vendere a prezzi di mercato il carburante raffinato anche al paese stesso che lo custodiva nel sottosuolo.
Valorizzare le risorse per il paese e distribuire la ricchezza significa però avere industrie per la trasformzione sul proprio territorio perchè creano lavoro, dunque potere d’acquisto che a sua volta si traduce in una domanda interna che dovrebbe essere da stimolo per le imprese e gli investimenti. Insomma per lo sviluppo.
La raffineria di Hoima, sulla carta rappresenta proprio questo: un tentativo, per ora ancora simbolico, di mettere le risorse minerarie e naturali al servizio delle propie popolazioni e non solo al servizio delle classi dirigenti e delle lobby politiche ed economiche interne che, ovviamente, hanno tutto da guadagnare da esportazioni secche, che si traducano immediatamente in denaro.
Infatti la raffineria di Hoima è stata osteggiata dalle multinazioni petrolifere operative in Uganda e nei giacimenti interessati, cioè l’inglese Tullow, la francese Total e la cinese Cnnoc, che avrebbero preferito, ovviamente, puntare sulla costruzione di un oleodotto per esportare il greggio estratto lungo il lago Alberto attraverso i porti del Kenya.
L’opportunità di realizzare l’infrastruttura di Hoima è stata al centro di una lunga trattativa il cui esito finale è che l’infrastruttura sarà partecipata al 40% da capitali pubblici dei quattro paesi, e per il resto da investimenti privati di paesi con esperienza nel settore, come India, Corea e Giappone.
Una volta ultimato, nel 2017, il complesso avrà una capacità produttiva di 60.000 barili di petrolio al giorno.
Una parte del prodotto raffinato sarà trasportata tramite un gasdotto che collegherà i giacimenti sud sudanesi con l’Uganda e da qui alle coste keniane per l’esportazione.
Un’altra parte resterà in Uganda e sarà utilizzata come materia prima per la produzione di fertilizzanti e materie plastiche per il mercato locale.
Se la raffineria di Hoima non resterà un caso simbolico, ma diverrà un esempio che verrà seguito si potrà dire finalmente che le risorse africane cominciano realmente ad essere utili anche per l’Africa.