Informazione online: non tocca ai giudici riscrivere la storia
Informazione online: non tocca ai giudici riscrivere la storia
E’ destinata a far discutere la Sentenza con la quale la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che non viola i diritti dell’uomo la decisione definitiva, di un giudice nazionale che neghi ad un cittadino il diritto a veder rimossi da internet dei contenuti che lo riguardano anche se diffamatori fermo restando il diritto del singolo ad ottenere il risarcimento del danno eventualmente sofferto, la rettifica, delle scuse pubbliche e, eventualmente, la pubblicazione – in associazione al contenuto diffamatorio – di un’integrazione che ne chiarisca la natura illecita è diffamatoria.
Non tocca ai giudici, infatti, secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo riscrivere la storia ed ordinare la cancellazione dallo spazio pubblico telematico di un contenuto illecito, corrisponderebbe invece, proprio ad avviare un processo di riscrittura della storia e di censura.
Secondo i Giudici di Strasburgo, Internet – ed i particolare gli archivi dei giornali online – svolgerebbero un’irrinunciabile fonte di educazione e ricerca storia, specie quando – come nel caso che ha dato origine alla vicenda – accessibili gratuitamente al pubblico.
Il diritto del pubblico ad accedere ai contenuti pubblicati online è, secondo i giudici, da ritenere sovraordinato rispetto a quello del singolo non già ad ottenere la riparazione della lesione sofferta ma ad ottenerla attraverso lo specifico rimedio della rimozione dell’articolo diffamatorio dallo spazio pubblico telematico.
La risposta a chi chiede giustizia a seguito di una violazione della propria reputazione online, dunque, secondo i giudici dei diritti dell’uomo potrebbe, al massimo, comportare un ordine, rivolto all’editore o all’autore del contenuto, di integrare il contenuto medesimo chiarendo che lo stesso è stato accertato avere contenuto illecito perché, in ipotesi, diffamatorio.
Mai, tuttavia, la tutela del diritto del singolo potrebbe spingersi sino a giustificare un’alterazione della storia per ordine di un giudice.