Un (voto) segreto potenzialmente letale
La proposta di votare al Senato con voto palese sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi parte da un presupposto in realtà del tutto estraneo alla stessa vicenda berlusconiana. Molto spesso, infatti, ogni qualvolta si è dovuto votare per la decadenza, per motivi giudiziari, di un deputato o di un senatore, la tendenza è stata quella di osservare lo sfaldarsi o il delinearsi di minoranze o maggioranze trasversali.
Non tanto in nome dell’orientamento politico del parlamentare in questione, ma piuttosto per interessi di tipo “corporativo” non troppo dissimili da quelli che si registrano in altri ambiti lavorativi. Molto spesso infatti, attraverso il voto segreto il Parlamento non ha esitato a bocciare alcune richieste di decadenza favorendo in questo modo il permanere in carica del parlamentare in questione.
Lo insegna la vicenda di Nicola Cosentino (giusto per tornare ad un passato recente) o quella di Alberto Tedesco, salvato da un’aula di Palazzo Madama a maggioranza di centrodestra ma per niente preoccupata di votare a favore degli interessi di un esponente politico eletto nelle file del centrosinistra. Non è solo questione di garantismo, presente in numerose sensibilità del centrodestra, ma anche una tendenza a preservare l’integrità lavorativa di un proprio collega.
Quasi una forma di empatia dalle radici primordiali che esula da qualsiasi connotazione o continuum destra-sinistra. Alla base di questo rischio, da sempre presente nelle aule parlamentari, una pattuglia di senatori del Movimento Cinque Stelle ha dunque proposto una modifica del regolamento chiedendo che si voti con voto palese sulla decadenza di Berlusconi.
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