La prima notizia era trapelata stamattina, poco prima delle 11, al solito grazie all’account Twitter del M5S Senato: “Buemi (Psi) chiede di applicare l’interdizione dai pubblici uffici“. Detto così, non è chiarissimo, ma fa già capire che qualcuno, al voto sulla decadenza in base alla “legge Severino”, non vuole arrivare proprio.
I giornalisti hanno già battezzato la soluzione “lodo Buemi”, caricandola inevitabilmente di un significato negativo, di un’aura di compromesso a danno della tempestività della giustizia, visti i precedenti poco felici del lodo Maccanico-Schifani e del lodo Alfano.
Ma cosa prevede la proposta avanzata oggi in Giunta? Il risultato finale dovrebbe essere lo stesso che si sta perseguendo attraverso la “legge Severino”, ossia la decadenza di Berlusconi. La fonte, tuttavia, non sarebbero quelle norme, di cui è discussa la legittimità costituzionale quanto alla retroattività, bensì l’interdizione dai pubblici uffici. Una sanzione accessoria che dev’essere ricalcolata, ma che già ora non è in discussione e discende comunque da una sentenza definitiva.
In sostanza, Buemi avrebbe proposto di valutare prima la decadenza in base all’interdizione e solo in subordine quella legata alla “legge Severino”. Sulla maggiore “saldezza” della decadenza in seguito all’interdizione si erano già espressi, sia pure indirettamente, anche esponenti del Pdl, compreso il relatore in Giunta Andrea Augello: anche per questo, c’è la possibilità che l’aula (qualora passi la proposta del senatore socialista) possa solo prendere atto di una decadenza inevitabile.
Tutto bene? Non proprio: un eventuale voto a favore della decadenza in base all’interdizione dai pubblici uffici non avrebbe effetti immediati, ma solo da quando anche il nuovo calcolo della pena accessoria diventerà definitivo. Bisognerebbe attendere, dunque, la rideterminazione da parte della Corte d’Appello di Milano, ammesso che la difesa di Berlusconi non ricorra a ulteriori rimedi che farebbero inevitabilmente allungare i tempi.
Ciò significa che, con certezza fino al 19 ottobre e probabilmente ancora per un po’, Berlusconi resterà al suo posto in Senato, almeno fino a quando il segretario del comune di residenza di Berlusconi non comunicherà la cancellazione dello stesso dalle liste elettorali. Insomma, non si arriverebbe a un voto divisivo della Giunta e dell’Assemblea sul caso Berlusconi (secondo Buemi si potrebbe ottenere l’unanimità sulla deliberazione), il Pdl non avrebbe ragioni per sentirsi perseguitato e far cadere il governo e il Cavaliere non sarebbe comunque più in Parlamento, anche se con tempi più lunghi.
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L’idea frulla nella testa di Enrico Buemi da giorni. Lui stesso, mentre il segretario del suo partito Nencini aveva annunciato voto a favore della decadenza in aula, ieri aveva risposto “Come voto mercoledì? Bella domanda…” ai giornalisti che gli chiedevano conto della sua condotta e aveva aggiunto “Domani tenete d’occhio il mio intervento” (segno che il “lodo” era già pronto”).
Nella stessa occasione aveva parlato di “accuse ingiuste” pronte a essere smentite e “cambiamenti di regole del gioco a partita in corso” non degni di uno Stato liberale (riferimento al voto segreto). Una posizione molto “socialista”, contrari il giustizialismo specie da Tangentopoli in poi.
Questa soluzione secondo Buemi avrebbe riscosso l’interesse del M5S: però Riccardo Nuti avrebbe detto che “Stare appesi a un delinquente è assurdo”. Soprattutto, il presidente della Giunta, Dario Stefàno (Sel) avrebbe dichiarato il “lodo Buemi” improcedibile: “non è previsto dal regolamento a meno di elementi nuovi che al momento non risultano” come ha dichiarato il senatore M5s Maurizio Buccarella; la stessa cosa aveva detto Felice Casson (Pd) poco prima.
Buemi, inutile dirlo, non è contento: “Con il presidente Stefano mi trovo in una posizione di fortissima dialettica, Lo stimo ma ho citato una molteplicità di casi fin dalla metà degli anni Cinquanta sulla questione dell’applicabilità dell’interdizione: a questo punto, pur ritenendo necessario e auspicabile sentire anche la replica del relatore Augello, sto valutando se adire la Giunta del regolamento di Palazzo Madama“. La partita, c’è da giurarlo, non è finita.
Gabriele Maestri