Domenica 16 ottobre si è svolto il secondo turno delle elezioni primarie del Parti Socialiste, che avrebbe determinato, tra François Hollande e Martine Aubry, il candidato designato all’Eliseo della principale formazione di centrosinistra dello scacchiere politico transalpino, lo sfidante di Nicolas Sarkozy alle elezioni del maggio 2012.
[ad]Il primo turno si era chiuso con Hollande in prima posizione, poco sotto al 39%, seguito dalla Aubry al 30%. La sorpresa Montebourg aveva poi totalizzato il 17% delle preferenze, la Royal il 7%, Valls il 6% e chiudeva il radicale Baylet sotto al punto percentuale.
Il risultato del primo turno aveva sollevato molti interrogativi sull’esito del ballottaggio: il risultato relativamente basso di Hollande, ed in particolare il vantaggio sulla Aubry inferiore alle attese, parevano essere forieri di sorprese al secondo turno. Anche il sorprendente risultato di Montebourg ed il contestuale calo della Royal parevano indici di una inaspettata rimonta della combattiva Aubry nella tornata del 16 ottobre.
Così non è stato.
Nello spazio tra il primo ed il secondo turno Hollande è riuscito ad assicurarsi senza alcun problema il sostegno del moderato Valls e di Ségolène Royal, intrecciando forse in questo secondo caso vita politica e vita privata. Più ostico si è rivelato Montebourg: figura di forte rottura all’interno del PS, propugnatore di tesi audaci di neoprotezionismo a livello europeo e partecipazione statale forzata nelle banche, politicamente si trovava ad essere più vicino alla Aubry che a Hollande. Agendo probabilmente per calcolo politico, non volendo schierarsi apertamente per un candidato così diverso da lui ma nemmeno appoggiare quello dato per perdente, non ha fornito il proprioendorsement né a Hollande né alla Aubry, dichiarando però che il proprio voto personale sarebbe andato al primo.
Privata così di appoggi politici tra gli altri candidati, la Aubry è stata costretta a puntare su una campagna interamente all’attacco, tentando di presentare Hollande ed il suo programma come eccessivamente moderati e incapaci di allontanare la Francia dalla linea politica di Sarkozy.
Entrambi i candidati hanno quindi tentato di mobilitare i militanti ed i simpatizzanti sul territorio, attingendo a due bacini sostanzialmente differenti: Hollande nelle zone rurali, la Francia centrale e meridionale; la Aubry le grandi città, il “suo” Nord-Pas de Calais, l’elettorato femminile e gli immigrati, tema sul quale si è spesa più volte.
Con due candidati così differenti, erano letteralmente in gioco due differenti visioni della Francia, quasi si trattasse di un’elezione reale e non di un appuntamento all’interno dello stesso partito: pur concordando infatti negli obiettivi principali, Hollande e la Aubry mostravano idee e approcci molto differenti per la loro realizzazione.
La Aubry era per un piano di uscita rapida dal nucleare, Hollande per una transizione di lungo periodo.
La Aubry ha presentato piani ambiziosi e radicali dal punto di vista ambientale, fiscale e occupazionale, mostrando di puntare molto sulla cultura e sulla UE. Ha presentato un’idea di Stato coerente e gli strappi necessari per attuarla. Hollande si è mostrato invece meno idealista e più pragmatico puntando su aggiustamenti graduali del sistema esistente, e su riforme di grande impatto immediato come i tagli dei costi della politica.
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La Francia ha seccamente scelto Hollande, e lo ha fatto con una partecipazione ancora superiore al primo turno, superando quota due milioni e ottocentomila votanti.
Distribuzione regionale del voto delle primarie tra Hollande (blu) e Aubry (rosso) |
Come si vede, il blu di Hollande domina incontrastato nella cartina geografica del Paese, relegando la Aubry nel proprio feudo settentrionale intorno a Lille. Non si è trattato dello scontro di differenti segmenti di società, ma di una vittoria piena di François Hollande presso tutto il popolo socialista di Francia.
Gli scenari alla vigilia delle elezioni pronosticavano una competizione più serrata, con la Aubry vincente nelle grandi aree urbane e Hollande a dilagare nelle zone rurali, ma alla fine – escluso appunto il Nord-Pas de Calais – Hollande ha fatto incetta di voti in tutte le regioni, sfiorando percentuali oltre l’80% in Limousin.
[ad]Comprendendo nel conteggio i territori d’oltremare, si può dire che sia terminata (in Mayotte non si è svolto il ballottaggio) 28 a 2 per Hollande. Solo il lungo legame tra la Aubry e Lille ha impedito che anche a nord il risultato terminasse in favore di Hollande, segno da un lato dell’apprezzamento per il lavoro della Aubry nelle zone dove è stata messa alla prova, ma dall’altro che il voto del Nord-Pas de Calais è da interpretare più come legato all’affetto per la persona che alla validità del programma politico.
Scendendo nel dettaglio dei dipartimenti, il risultato non cambia: su 135 enti Hollande trionfa in ben 129, anche se lascia alla rivale il dipartimento 75, ovvero la città di Parigi. Proprio Parigi e l’Île-de-France possono forse permettere una pur minima analisi sociale della distribuzione del voto: la Aubry infatti ha vinto di misura entro i confini cittadini, ma non è riuscita ad imporsi nei ricchi sobborghi cittadini che costituiscono l’ossatura degli altri dipartimenti della regione.
La campagna a tratti aggressiva e per certi aspetti rivoluzionaria della Aubry non è stata in grado appassionare la cosiddetta borghesia di sinistra, che anzi probabilmente è spaventata all’idea di mutamenti di uno status quo che, pur in un periodo di grave crisi economica, continua a garantire tranquillità ed un relativo benessere.
Sarà quindi Hollande, il 9 maggio 2012, il principale sfidante di Sarkozy alle presidenziali. Il primosondaggio condotto dalla casa francese BVA a seguito delle primarie mostra un Hollande in grado di capitalizzare appieno l’entusiasmo ed il consenso generati da questi appuntamenti di ottobre, con un 39% al primo turno (+16% su Sarkozy) ed un 64% al secondo turno (+28% su Sarkozy).
Tra gli altri temi di interesse, il forte calo di Sarkozy ne metterebbe addirittura a rischio il passaggio al secondo turno: sarebbero solo quattro, infatti, i punti di vantaggio che il presidente uscente conserva su Marine Le Pen, rendendo ipotizzabili scenari – a parti invertite – simili a quelli che portarono Jospin all’uscita al primo turno e ad un voto “repubblicano” per Chirac onde scongiurare l’ascesa di Le Pen padre all’Eliseo.
Infine, i rapporti di forza tra le aree di sinistra, centro e destra, comprendendo tutti i partiti che fanno riferimento a tali macrocategorie, vede l’ala progressista oltre la maggioranza assoluta, al 51%, contro il 42% della destra ed il 7% del centro. Una percentuale ribaltata rispetto a luglio, dovuta sì al ritiro della candidatura di Barloo a destra, ma anche allo scioglimento del nodo primarie a sinistra con la vittoria del candidato più in grado di intercettare il voto moderato.
La sinistra francese inizierà quindi la campagna elettorale con i favori del pronostico, affrontando una tornata elettorale che può solo riuscire a perdere per propria incompetenza o per litigiosità interna: saranno determinanti a questo punto gli accordi tra i socialisti e gli altri partiti dell’area di centrosinistra, a partire dagli ecologisti. Maggio si sta avvicinando in fretta.