Da una parte un bilancio da far quadrare, dall’altra una strategia per sfruttare pienamente i fondi europei. Il sindaco di Roma Ignazio Marino è alle prese con il più classico e complesso dei problemi di un amministratore: il denaro che manca.
Sullo sfondo i sindacati pronti alle barricate in caso di tagli al personale e la macchina dei servizi sociali da mantenere oliata.
Nelle casse comunali il buco di bilancio supera gli ottocento milioni di euro. Ignazio Marino aveva sperato nell’aiuto del governo, ma Palazzo Chigi ha le sue gatte da pelare: trovare fondi per impedire l’aumento dell’Iva, senza reintrodurre l’Imu. Dal governo fanno sapere che Roma non sarà lasciata sola – possibile un intervento della Cassa depositi e prestiti – ma le strategie nazionali e comunali sono ancora in fase di studio.
Nel frattempo, meglio allora provare a guardare più in là e ottimizzare quel che già c’è. Un paio di giorni fa Comune e Regione hanno siglato un protocollo d’intesa il cui nome, ‘Crea’, sta per Comune, Regione, Europa Assieme. L’obiettivo è quello di sfruttare nel modo più efficace possibile i fondi strutturali che arrivano da Bruxelles.
“L’intesa” si legge sul sito del Campidoglio, “prevede la costituzione di una cabina di regia – a costo zero per i due Enti – denominata CREA, composta da quattordici membri, sette designati da Regione Lazio e sette da Roma Capitale, per la gestione coordinata dei progetti europei”.
“Questa è una straordinaria risorsa per la capitale” ha spiegato il sindaco Marino, “dobbiamo percorrere la strada di altre città, come Parigi e Londra, che si sono attivate per avere unità strategiche finalizzate ad attrarre i fondi dell’Europa”.
“Nei prossimi anni le risorse dall’Europa saranno tra le poche che avremo a disposizione per nuovi investimenti” scrive sul suo sito Nicola Zingaretti, governatore della Regione Lazio, “noi vogliamo spendere fino all’ultimo centesimo per rilanciare sviluppo e lavoro”.
Il progetto ‘Crea’, dice il capogruppo Pd in Campidoglio Francesco D’Ausilio, “sarà l’unico interlocutore con la Ue e consentirà da una parte di non perdere più fondi attribuiti all’Italia e dall’altra di presentare progetti innovativi in settori strategici per lo sviluppo della nostra città. Green economy, ricerca, infrastrutture, integrazione socio-sanitaria e cultura”.
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Ma i problemi della gestione della macchina cittadina restano pressanti. Per ora l’assessorato al Bilancio studia il modo di ridurre le spese: la strategia dovrebbe essere presentata a giorni ai consiglieri. A quel punto è facile immaginare che lo scontro politico s’infiammerà.
L’ex sindaco Gianni Alemanno in un’intervista a Il Tempo ha dichiarato che “sul bilancio ancora non si vede luce” e che Marino “deve fare un negoziato molto duro col governo: la nostra città deve avere i finanziamenti previsti dalla riforma di Roma Capitale e mai quantificati”.
Quel che è certo è che il bilancio va approvato entro il 30 novembre. Altrimenti scatterebbe il commissariamento. La precedente amministrazione capitolina targata Alemanno questo fantasma l’ha dovuto affrontare più d’una volta. Ora tocca a Ignazio Marino e alla sua squadra.
Cambia il colore dominante in aula Giulio Cesare ma la chiusura del bilancio cittadino resta una partita delicatissima, che spesso si risolve a ridosso del fischio finale.
I municipi nel frattempo guardano e aspettano: già da ottobre per i minisindaci della Capitale sarà difficile trovare le risorse per erogare i servizi sociali. A rischio l’assistenza domiciliare a disabili, minori e anziani. Un allarme che era suonato già a inizio settembre.
Come scritto da Paese Sera, sono un centinaio i milioni di euro che servirebbero per assicurare i servizi sociali in questi ultimi mesi dell’anno, e una trentina dovrebbero andare ai municipi.
Intanto la Cgil-Fp chiede urgentemente un incontro con il Campidoglio per discutere dell’incertezza che c’è intorno al welfare cittadino. Ma a preoccupare i sindacati c’è anche altro.
Giù una decina di giorni fa la Cgil-Fp, la Cisl-Fp e la Uil-Fp avevano inviato una lettera al sindaco Marino scrivendo che “pensare di operare con tagli sul costo del personale per rilanciare le politiche della città, non può trovarci d’accordo, ed anzi ci costringerebbe a valutare azioni di contrapposizione”. Un altro scoglio da evitare per l’amministrazione capitolina.