Si dimettono i ministri del Pdl, si apre la crisi di governo, il quadro politico nazionale è in subbuglio. Anche a Roma – non solo in Campidoglio – esponenti della destra e della sinistra prendono posizione con un occhio a ciò che potrebbe accadere nelle prossime settimane: dalle urne ai problemi pratici dovuti a un esecutivo che si dissolve.
Uno dei primi a parlare, dopo l’annuncio di dimissioni dei ministri del Pdl, è stato il sindaco di Roma Ignazio Marino che senza mezzi termini ha bollato il partito di Berlusconi come un partito padronale. “L’Italia non merita che si crei instabilità a causa di un senatore che non vuole accettare una sentenza” ha tuonato Marino, “le dimissioni del Pdl sono irresponsabili anche per Roma”, considerato che la Capitale conta sull’appoggio del governo per ripianare il proprio debito di 867 milioni. E se il governo cade, per Roma la situazione potrebbe complicarsi.
Ma anche dall’altra parte ci si muove. E ci si divide. Da Fratelli d’Italia alla Destra, passando per Prima l’Italia, il ritornello è lo stesso: si torni al voto. Ma sulle responsabilità politiche di queste ultime ore le opinioni sono diverse.
“La caduta del governo Letta segna la fine delle larghe intese e riapre la prospettiva di uno scontro elettorale tra centrodestra e centrosinistra” ha dichiarato Gianni Alemanno, promotore del movimento Prima l’Italia. Ora guai a giocare di sponda con la sinistra “costruendo pasticci istituzionali per far sopravvivere questo Parlamento”, aggiunge l’ex sindaco di Roma: si riformi la legge elettorale si vada al voto il prima possibile.
Un rapidissimo ritorno alle urne dopo aver tolto di mezzo il Porcellum se lo augura pure Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia: “Il tempo dà ragione a Fratelli d’Italia, che non ha mai creduto al governo delle larghe intese e non ha votato la fiducia all’esecutivo Letta scegliendo di stare all’opposizione”.
Sintetico com’è nel suo stile era già stato Francesco Storace, leader della Destra: “niente pasticci e portateci ordinatamente alle urne”.
Fin qui dunque l’universo frammentato della destra italiana la pensa allo stesso modo. Le distanze emergono quando arriva il momento di attribuire le responsabilità per la fine prematura del governo.
“La sinistra, che oggi cerca di addossare tutte le responsabilità della caduta del governo su Silvio Berlusconi, finge di dimenticarsi che questo esecutivo non poteva sopravvivere senza uno sforzo comune per garantire la giustizia e la pacificazione nel nostro Paese e senza un progetto chiaro per uscire dalla crisi economica” afferma Gianni Alemanno.
“È evidente che la ragione delle dimissioni di massa dal governo e dal Parlamento è legata alla decadenza da senatore e non a quell’aumento dell’Iva voluto dal precedente governo sostenuto da Berlusconi e Alfano” ha detto invece il vicepresidente dei deputati di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli: “Pur constatando che le maniacali attenzioni investigative e giudiziarie riservate a Berlusconi sono state una vergognosa pagina del sistema italiano, occorre che il centrodestra pensi al futuro dell’Italia”.
Francesco Storace ha le idee chiare già da qualche giorno: “Se il Pd non avesse preteso l’accelerazione sulla retroattività della legge Severino, lasciando decidere alla Corte costituzionale sul primo caso di applicazione ad un parlamentare in carica, oggi non ci sarebbe la crisi di governo. Enrico Letta è vittima dei suoi”.
Insomma le tante facce della destra italiana si uniscono nel chiedere il voto ma si dividono su Berlusconi. E questa, in effetti, non è una novità.