Il problema di tutto, a quanto pare, è sempre lei. A parole se la prendono quasi tutti con la legge n. 270/2005, detta “legge Calderoli”, meglio nota come “porcata” (dal suo stesso presentatore) o, a la Giovanni Sartori, “Porcellum“.
Tutto quello che ora va storto finisce per essere colpa della legge elettorale, che non avrebbe fatto uscire una maggioranza univoca, obbligando l’Italia alla medicina delle larghe intese. Come se il risultato, per dire, non fosse colpa innanzitutto di chi, pur sapendo a cosa aveva portato quella legge, non ha fatto abbastanza per cambiarla.
A parole, quasi nessuno vuole votare di nuovo con il Porcellum, anzi, quella legge elettorale sarebbe la ragione principale per cui non avrebbe senso sciogliere le Camere senza averla cambiata: tornare al voto con quel sistema elettorale replicherebbe il risultato di febbraio e i problemi di oggi non si sposterebbero di un millimetro.
A dire il vero, c’è chi – come Antonio Agosta e Nicola D’Amelio, entrambi legati al Viminale e all’Università di Roma Tre – da tempo ha fatto qualche conto (l’analisi si trova nell’ultimo volume curato da Ilvio Diamanti, Un salto nel voto) e ha dimostrato che nemmeno con il Mattarellum sarebbe uscita una maggioranza definita e in grado di governare. Ma peggio del Porcellum, allo stato, è difficile immaginare.
Nessuno, si diceva, dice di volere ancora il Porcellum. Eppure è ancora lì. Tra ieri e oggi continua il teatrino di accuse reciproche su chi non vuole cambiare sistema elettorale e chi invece si è mosso per modificarlo. In particolare, Letta ieri sera da Fazio ha detto che il Pd era favorevole a un ritorno al Mattarellum e ha accusato il M5S di volere ancora la legge attuale; Grillo ha risposto oggi, ricordando la bocciatura dell’ordine del giorno del Pd Roberto Giachetti che proponeva proprio il ritorno al Mattarellum.
“Il M5S compatto votò a favore. Ci sono gli atti della Camera che lo testimoniano e Letta fu il primo a votare CONTRO il ritorno al Mattarellum“. Il capo del governo oggi replica, sostenendo che la mozione Giachetti era stata contestata dal Pd “perché focalizzava l’attenzione (e precipitava il confronto) solo sulla legge elettorale, mentre il dibattito urgente e necessario doveva riguardare l’intera materia delle riforme istituzionali” e aggiunge che Grillo vorrebbe votare col Porcellum perché “è l’unico sistema che può consentirgli di avere voce in capitolo, di vincere o di essere comunque l’ago della bilancia”.
(Per continuare a leggere cliccare su “2”)
Mentre la legge elettorale è ancora al suo posto e rischia di rimanerci ancora a lungo, Letta coglie però il nocciolo della questione: “in Parlamento non ci sono i numeri per abolire il Porcellum“.
Nel senso che, per far morire quella specie di obbrobrio giuridico, occorre trovare l’accordo su quale sistema introdurre al suo posto. Accordo che non c’è.
Perché resta valida la massima che anni fa un parlamentare democristiano di lungo corso, passato all’Udc e al Pdl prima di non essere ricandidato alle ultime elezioni, condensò in una riunione del suo partito: “Ci vuole una nuova legge elettorale. Possibilmente che non ci faccia perdere“.
E’ per questo, in fondo, che Grillo non ha voluto che si cambiasse la legge elettorale alla fine del 2012 (dopo avere abbondantemente gridato – e con ragione – contro al “Parlamento di nominati”) ed è per questo che – dopo aver effettivamente votato a favore dell’odg Giachetti – ora non vuole assolutamente che si tolga il Porcellum. O vuole riformarlo, solo dopo aver vinto le elezioni.
D’altra parte, agli altri partiti la resistenza della “legge Calderoli” fa più bene che male. Anche se, ovviamente, non si può dire. Perché, a ben guardare, far compilare le liste agli organi dirigenziali del partito è molto meno complicato rispetto a un sistema che preveda le preferenze, permette di sapere con una buona approssimazione chi andrà in parlamento e chi resterà fuori e costa molto meno a livello di campagna elettorale (si risparmia sulla promozione dei candidati individuali). Certo, il Pd si è “complicato la vita” con le primarie per i parlamentari, ma in testa alle liste è finito chi, per la segreteria, doveva assolutamente entrare in parlamento.
Questo, con il Mattarellum, non accadrebbe. Ci sarebbe soprattutto l’estrema difficoltà nella scelta delle candidature nei singoli collegi uninominali: sbagliare un nome significa perdere il seggio. In questa operazione l’area berlusconiana ha sempre avuto qualche difficoltà in più; è vero che nella simulazione elettorale con il Mattarellum di Agosta e D’Amelio il centrodestra avrebbe ottenuto la maggioranza relativa dei seggi, ma nella realtà la scelta dei candidati è sempre stata più difficile. Ed è questo il motivo per cui il Pdl non vedrebbe di buon occhio il ritorno alla vecchia legge.
Come si vede, difficile dipanare questa matassa. Per il momento, la salute migliore sembra quella del Porcellum. Di danni ne ha fatti a sufficienza, ma a quanto pare non lo abbatte nessuno.