Dimissioni sì, ma con riserva. Il fronte dei ‘diversamente berlusconiani’, termine coniato su Twitter dal vicepremier Alfano, esiste e va sempre più organizzandosi ogni ora che passa. L’insolita definizione, al netto delle ironie e delle prese in giro rilanciate sul web, raccoglie più estimatori di quanto fosse possibile pensare al momento del diktat formulato da Berlusconi: un buon numero di esponenti del Pdl non ci sta, l’aut-aut calato dall’alto gli va stretto per tempistica e modalità ed allora ecco che ci si prova a contare prima e a svicolare tutti insieme poi, stando attenti a non rompere nulla. Con l’intenzione di salvare il governo Letta, il cui calendario è per ora fermo a quota 155 giorni di vita.
La sensazione è che si sia fatto il passo più lungo della gamba: seppur minimamente motivata (“Non possiamo sostenere questo governo delle tasse”), una crisi al buio decisa da poche menti potrebbe non essere compresa dall’elettorato moderato e si rischierebbe un boomerang elettorale, senza contare il disappunto di Napolitano e di mezza Europa.
“Berlusconi avrebbe bisogno di un partito serio, democratico nella sua vita interna, un partito dei moderati, dei garantisti, dei riformisti e non di alcuni estremisti che nelle occasioni cruciali parlano con un linguaggio di estrema destra dall’inaccettabile tonalità” si era sgolato il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, personalità di spicco dell’ala dissidente. “Forza Italia questa settimana è sembrato Lotta Continua. Se il partito deve essere questo, io non aderisco” aveva proseguito Gaetano Quagliariello, altra voce fuori dal coro oltreché senatore e ministro per le Riforme, e quindi ‘colomba’ per definizione.
Tra i ministri in quota Pdl, non c’è solo Quagliariello a chiamarsi fuori ed ad arricchire la disputa: “Mi è stato chiesto di dimettermi e così ho fatto, come atto di lealtà. Ma è possibile essere berlusconiani senza mandare il cervello all’ammasso? Non posso accettare l’idea di un partito alla Alba Dorata che considera traditori chi la pensa diversamente” dice oggi il ministro della Salute Beatrice Lorenzin al Corriere, citando il partito greco di estrema destra.
La Lorenzin alza poi il tiro e fa i nomi e i cognomi: “Denis Verdini, Daniela Santanchè, Daniele Capezzone e Sandro Bondi non rappresentano i valori di Forza Italia delle origini. Non sono portatori di uno spirito positivo per lo sviluppo del Paese. Rappresentano la minoranza della minoranza e io non ci sto”, ammette il ministro, confermando così l’esistenza e l’importanza di quel dissidio atavico interno al berlusconismo tra ‘lotta’ e ‘governo’ oggi ben spiegato dal prof. Orsina sulla prima pagina de La Stampa. “Prima si sarebbe potuto e dovuto convocare una direzione nazionale, un’assemblea…Ma le persone che in questo momento stanno tenendo in mano il partito non sono attrezzate culturalmente per guidarlo”.
Ulteriore colomba sul piede di guerra e in vena di polemica è Maurizio Lupi, altro ministro Pdl: “E’ giusto e doveroso dire che la strada che abbiamo imboccato è sbagliata” – ammette sempre al Corriere il titolare del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti – “Proprio perché siamo leali e non fedeli al presidente Berlusconi, alla sua storia, ai suoi ideali e valori, dobbiamo denunciare con forza i rischi che stiamo correndo”. Lupi entra nel dettaglio: “C’è il rischio che Forza Italia diventi un partito estremista, che urla, strepita, insulta le istituzioni e mette in secondo piano il bene del Paese” e poi spiega qual è il punto: “Il problema sono i cattivi consiglieri che stanno intorno al Presidente, che sono estremisti e non rappresentano l’identità di Forza Italia”. Insomma, su ciò che resta del Pdl starebbe nascendo una new Forza Italia troppo lontana dallo ‘spirito del ‘94’ e troppo poco vicina a posizioni moderate e ad una vocazione maggioritaria: “Il gesto delle nostre dimissioni” spiega il membro di Cl “può essere una grande opportunità per chiarirci all’interno del partito. Lavoriamo perché Forza Italia possa essere il movimento che in futuro vorrà rappresentare la grande area dei moderati guidati da Silvio Berlusconi”.
Oggi la polveriera Pdl è attesa al varco della riunione dei gruppi parlamentari. Tutto lascia presagire che si sia arrivati al redde rationem. Il fronte dissidente è compatto: ha sì rassegnato le dimissioni ma non ha intenzione di tacere. “Se pensa di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro Movimento politico, si sbaglia di grosso” il messaggio inviato dai cinque ministri Pdl ad Alessandro Sallusti e al suo ‘Il Giornale’ colpevoli di aver paragonato loro a “quel genio di Gianfranco Fini”, transfugo non particolarmente fortunato. “Sono allibito” la risposta piccata di Sallusti.