Il Giornale: “Se Letta fallisce c’è Saccomanni”
Diciamoci la verità, nessuno si sarebbe mai aspettato che Forza Italia potesse implodere prima ancora di rinascere. Anche perché, in tutto il mese di settembre, le dichiarazioni rilasciate da noti esponenti della reincarnazione berlusconiana e di governo parevano figurare la fine delle larghe intese balneari.
Il Pdl è ormai un partito allo sbaraglio, in bilico tra la soppressione e il mantenimento. Ma, in realtà, quell’acronimo che non ha mai convinto il suo fondatore-demiurgo potrebbe evitare l’implosione del fronte di centrodestra e far risparmiare una colossale figuraccia al suo leader.
Secondo alcune indiscrezioni dell’ultima ora – perlopiù raccolte dai quotidiani di area – Alfano e Berlusconi potrebbero accordarsi per lo spacchettamento del centrodestra in due movimenti distinti, cioè Forza Italia e Popolo della Libertà: il primo manterrebbe una linea intransigente nei confronti della Große Koalition, mentre il secondo raccoglierebbe quei “moderati” inclini ad accordarsi con i nemici storici del centrosinistra.
Per il momento, la situazione appare confusa e complicata per due ragioni: dove troverebbe i soldi un movimento “diversamente berlusconiano”, opposto – nei fatti – alla linea del deus ex machina dei moderati italiani? In fondo Berlusconi rimane l’azionista di maggioranza del centrodestra e non solo per il suo carisma. Da qui la seconda riflessione: un Pdl alfaniano potrebbe cominciare a dialogare con Monti e Montezemolo, i quali non hanno mai nascosto la loro filiazione politica. Sarebbe un po’ come prendere due piccioni con una fava: beneficiare di finanziamenti freschi – senza dover dipendere dal conto in banca dell’inquilino di Arcore – dando credito alla “linea diagonale” che Alfano e il presidente della Ferrari hanno tracciato quest’estate, durante un incontro vacanziero ad Agrigento.
Il battesimo del nuovo centrodestra modello PPE potrebbe tenersi mercoledì, nella giornata in cui il presidente del Consiglio Enrico Letta chiederà la fiducia ai due rami del Parlamento. Diversamente da Romano Prodi, l’esponente del Pd sa di poter contare sui ministri dissidenti del suo governo e sui critici della linea dura come Fabrizio Cicchitto, contrario alla deriva “pitonica” di FI delle varie Santanché, Biancofiore e Carfagna.
Stamattina, Il Giornale apre con la notizia del piano B del Colle, che potrebbe attuare in caso di caduta dell’esecutivo Letta. Secondo Massimiliano Scafi – quirinalista della testata –, Giorgio Napolitano potrebbe assegnare un mandato esplorativo al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, invitandolo a trovare una maggioranza “a scadenza” che approvi la legge di Stabilità e “magari anche la riforma elettorale”.
Insomma, il presidente della Repubblica è alquanto irritato per il colpo di mano di Silvio Berlusconi e, prima di sciogliere le Camere, valuta bene tutte le possibilità, nel rispetto delle sue prerogative. Sembra lontana l’ipotesi di una chiamata del “papa straniero”, ossia di un esponente extraparlamentare o di un componente della commissione dei “saggi” quirinalizi.
D’altra parte, il Colle è stato chiaro: bisogna evitare il ripetersi del “novembre nero” 2011, mese delle dimissioni di Berlusconi e dell’entrata in scena di Mario Monti.
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In questo momento, ciò che interessa agli addetti ai lavori è la seconda scissione in pochi anni all’interno del maggior partito di centrodestra (la terza, se consideriamo la fuga silente di Meloni e Crosetto). Dopo il “cha fai mi cacci?” di Gianfranco Fini, ecco spuntare il “sono diversamente berlusconiano” di Angelino Alfano, primo gesto da segretario politico del Pdl. Nella sostanza, si tratta di una scissione bianca ma non per questo incolore. E proprio in queste ore, l’ex delfino berlusconiano ha risposto alle critiche ricevute da Sallusti sul Giornale: “Non ci faremo intimidire, con noi il ‘metodo Fini-Boffo’ non funzionerà”.
Un manipolo di fedelissimi del Cavaliere è pronto a sostenere un Letta bis. Ma soltanto dopo il pronunciamento sulla decadenza sapremo se costoro si organizzeranno in un partito che guarderà al futuro, con Berlusconi oramai decaduto. Sempre che ad accompagnarlo non ci sia anche l’Italia, sempre più vulnerabile alle critiche e agli attacchi speculativi della finanza mondiale.