Usa, bilancio non approvato: l’amministrazione chiude – 1 ottobre 2013
Signori, si chiude. E non perché sia scaduto il tempo. Ma perché non ci sono i soldi. O meglio, in teoria ci sarebbero, ma il Congresso non ha trovato l’accordo per destinarli, visto che non ha approvato la legge di bilancio. E così da oggi negli Stati uniti sono chiuse le agenzie federali, perché il governo Usa nelle casse non ha un ghello, dunque una parte delle attività dell’amministrazione è bloccata.
E’ stata la direttrice del Bilancio della Casa Bianca a ordinare la chiusura “per mancanza di fondi”, giusto dieci minuti prima che scattasse la mezzanotte e, con essa, il primo giorno di amministrazione al verde. In America lo chiamano “shutdown“, una parola che dà l’idea di una chiusura collettiva, come il rumore di tante saracinesche che calano pesantemente tutte insieme: sotto il peso di quelle saracinesche, tuttavia, rischiano di perdere il lavoro almeno 800 mila statali.
Non accadeva da 17 anni: allora presidente era un altro democratico, Bill Clinton, anche lui al secondo mandato. Allora la chiusura durò quasi un mese e costò 2 miliardi di dollari. A chiudere oggi saranno musei, sportelli dei ministeri e parchi naturali (con conseguenze prevedibili sul piano del turismo).
Obama, va detto, ci aveva provato. Fino all’ultimo. Con un discorso alla nazione in diretta tv che avrebbe dovuto essere decisivo: “Lo shutdown avrà un fortissimo impatto reale sulla vita quotidiana di tanti americani. Rimarranno senza stipendio, ma dovranno pagare le bollette e i mutui – aveva spiegato – La chiusura dello Stato Federale portera’ a uno ”strappo” nell’economia americana, avendo ripercussioni anche su quella mondiale”. Si parla di una flessione dell’1,4% del Pil con un mese di chiusura degli uffici (e di un debito in crescita anche stavolta per circa 2 miliardi di dollari), proprio mentre si vedevano i primi segni di ripresa.
Obama sapeva tutto questo e, se ha sperato fino alla fine che il Senato facesse “la cosa giusta”, approvando così com’era la legge di bilancio passata alla Camera (ha pure telefonato ai referenti di maggioranza e opposizione alle due Camere), ha ben chiare le colpe dello shutdown: “I deputati repubblicani ne sono responsabili“. E’ il Grand Old Party, sulla spinta anche degli ultraconservatori dei Tea Party, ad avere fatto di tutto per bloccare (o almeno rimandare di un anno) Obamacare, la riforma sanitaria che da oggi darà assistenza a 35 milioni di persone e che i repubblicani vedono come il fumo negli occhi per i costi ingenti che comporta.
Il presidente non l’ha presa bene. “Malauguratamente il Congresso non ha adempiuto le proprie responsabilità – ha dichiarato in un video rivolto alle forze armate -. Non è stato capace di approvare un bilancio e, come risultato, gran parte della nostra amministrazione ora deve chiudere, fino a quando il Parlamento non tornerà a finanziarla”. Gli stipendi dei militari saranno pagati (“Le minacce alla nostra sicurezza nazionale non sono cambiate, e ci occorre che siate pronti per qualsiasi evenienza”), quelli del personale civile non essenziale no. “Voi e le vostre famiglie meritate di meglio rispetto ai malfunzionamenti visti in Congresso”.
Gabriele Maestri