Cambio d’aria, la Germania con ironia e passione
Il viaggio non è semplicemente la quantità di chilometri percorsi, ma la distanza tra un prima e un dopo. Ciò che eravamo e ciò che siamo diventati dopo aver assaggiato un luogo, una lingua. In definitiva, un punto di vista altro dal nostro. Così, un gemellaggio redazionale Italia – Germania può essere appassionante, stimolante e istruttivo anche per i lettori, oltre che per i protagonisti.
Lo dimostra la testimonianza di Marina Verna, giornalista de La Stampa e “torinese di nascita e di animo”, che “ha la Germania nel cuore e non per amore di un tedesco in particolare: ama il suono della lingua e quel particolare odore che pizzica il naso dove c’è un Imbiss”. A settembre Marina Verna ha trascorso tre settimane a Berlino, lavorando alla redazione del Welt, nell’ambito del progetto Cambio d’aria (Tapetenwechsel in tedesco), promosso dal Goethe Institut, l’Istituto Culturale della Repubblica Federale di Germania attivo in tutto il mondo.
Con un piglio avvincente, nel blog dedicato al gemellaggio redazionale Marina Verna restituisce ai lettori molteplici tasselli del panorama socio-culturale e politico della Germania. La giornalista riesce, con acume, a incuriosirci e far riflettere accennando una sorta di “sociologia della gestualità” dei candidati cancelliere tedeschi.
Se davanti al dito medio alzato di Steinbrück viene spontaneo chiedersi “come facciamo a continuare a dire ai nostri figli che quel gesto non va assolutamente fatto?”, le mani a rombo della Merkel fanno pensare al “gesto trionfante delle femministe abbassato dalla testa all’ombelico, il baricentro del corpo, il terzo chakra: quello dell’energia volitiva, dell’autostima, del potere personale”. E a dispetto della legnosità che si attribuisce ai tedeschi, questi se la ridono scatenando la fantasia nei più improbabili fotomontaggi che hanno per protagoniste quelle mani.
E per restare in tema, Marina Verna ci spiega che la – solo apparentemente – austera lingua tedesca, con la sua struttura fortemente caratterizzata da prefissi e suffissi che la rendono una sorta di lingua-Lego, è invece strettamente imparentata con l’ironia. “Lo humour non è una prerogativa degli inglesi. D´altronde, basta guardare quanti cabaret ci sono nelle città tedesche e quante trasmissioni del genere in tv per capire che la fama di popolo serio è incompleta.
In nessun Paese al mondo diventerebbe best seller un libro dal titolo Il dativo è la morte del genitivo (Der Dativ ist dem Genitiv sein Tod) o si riempirebbero teatri da duemila posti con devoti seguaci del suo autore, Bastian Sick. Qui succede. Perché scarnificare la lingua, rivelarne il potenziale, fare giochi di parole è una passione collettiva. Sick non è un vecchio professore di germanistica, ma un prestante signore di 48 anni, dalla risata facile, laureato in filologia romanza e giornalista allo Spiegel.
Anni fa ha convinto il suo direttore che una rubrica sui più comuni errori di grammatica avrebbe funzionato, e così è stato. Adesso è una star, le sue tournée registrano sempre il tutto esaurito. E niente è meglio dei suoi libri per approfondire il tedesco divertendosi”.
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Marina Verna ci ingolosisce poi descrivendo la piú bella libreria del mondo, Dussmann, la Kulturkaufhaus nella Friedrichstrasse, che ha aperto nel 1997 “e non si era mai visto nulla di simile: non solo libri, cd, dischi in vinile in quantità inimmaginabili, ma un enorme angolo-giochi per i bambini, con arredi che si potevano eventualmente ordinare; un angolo-cottura (con cappa!) perché i cuochi, quando presentavano i loro libri, potessero anche cucinare; mappamondi nella zona dei libri di viaggio, souvenir in quella delle guide di Berlino, cuffie accanto agli audio-libri. E ovunque poltrone per leggere indisturbati qualunque cosa. Sempre occupate, ancora oggi, fino a mezzanotte”.
Infine, la Verna suggerisce una doppia considerazione sul binomio affidabilità tedesca – estro italico. In tedesco esiste una parola, planmäßig, che, ci spiega, racchiude “un mondo. Il senso e chiaro: siamo in orario. Ma ciò che sta dietro quella parola è intraducibile in italiano perchè appartiene ai tedeschi, non a noi: secondo programma. Sottinteso: siamo responsabili del nostro programma, e vi informiamo se l’abbiamo rispettato o no”.
Specularmente, aggiunge, “una battuta riequilibra le cose: in Italien funktioniert nichts, aber am Ende klappt alles. In Italia niente funziona ma alla fine tutto si sistema. Detto con ammirazione da chi fronteggia male l’emergenza”. Come a dire, dialogare e comprendersi è possibile, basta ammettere, sportivamente, le diversità esistenti, e in cosa, probabilmente, si può imparare dall’altro.