Dibattiti, teste volanti, cene chiarificatrici… Il Pd? NO! Per una volta queste parole vengono assegnate dalle cronache politiche al Pdl che, in questi ultimi giorni, ha reso pubblica la suddivisione tra le colombe ed i falchi sulla spinosa materia della fiducia al governo Letta.
Parole e retroscena che mai – se non (ma comunque in forma minore) nella scissione della desaparecida Futuro e Libertà – erano state associate al centrodestra italiano; mai deal 1994 in poi . Da allora, infatti, le crisi del centrodestra sono sempre state tra le varie anime – prima Forza Italia e Lega, poi con l’Udc – e non nel primo gene forzista.
La fuoriuscita che pare palesarsi dei “40” disposti a dare la fiducia al governo Letta porta perciò a scenari nuovi, o meglio, a scenari nuovi per gli ultimi anni.
Il “malessere” (per essere eufemistici) affonda le radici nella genesi politica dei “berluscones” ora giunti alla conta: da un lato coloro che sono dotati di un “cursus honorum” (si parla dal punto temporale e non un giudizio di merito qualitativo) politico di lunga data, dall’altra chi è stato creato ‘dal niente’ dal movimento forzista.
La prima anima, associabile ai 40 “volenterosi”, è dotata di maggiore spirito di sopravvivenza, di un minimo di egoismo, per poter tirare a campare, insomma, ex dc, ex socialisti e tanti altri tipi di ex. La seconda è quella ultras, quella del calzino di Mesiano (per capirci), quella attaccata visceralmente alle mammelle di Berlusconi, che sgomita per poter avere anche solo un cenno di sua maestà. Un dualismo reso evidente dalla discussione di Sallusti e Cicchitto a Ballaro’: il loro litigio esemplifica meglio di mille esempi queste due anime.
E ora? Ora il destino del governo Letta è legato a doppio filo non solo alle primarie del Pd – come ormai è evidente – ma anche al destino del centrodestra italiano.
Da un lato chi è intenzionato ad incanalarlo su una deriva peronista, di successione quasi genetica, dall’altro chi tende al passato, ad un grande centro accomodante dove ci sia posto per tutti. Un tentativo non nuovo, sé si considera che ci furono movimenti in tal senso già nel 1997, un anno dopo la prima sconfitta di Berlusconi: le colombe di allora chiesero uno sforzo a Cossiga, ma il tentativo naufragò per – manco a dirlo – le debolezze della sinistra.
Quello di queste ore, quindi, è un ennesimo deja vù, con un finale però non scontato, a differenza delle altre volte.
Ad oggi, personalmente, c’è il possibile scenario di un ricongiungimento delle anime centriste: un’area che accomuni le colombe di queste ore, i montiani che sono in autodistruzione e – chissà – anche parte del Pd.