Il governo Letta incassa la fiducia e c’è da scommetterci che ieri tra i più contenti c’era il sindaco di Roma Ignazio Marino. Perché? Perché il primo cittadino della Capitale sulla sopravvivenza dell’esecutivo ci contava e tanto. Il debito che Roma deve gestire è corposo: 867 milioni di euro, non certo spiccioli. È necessario dunque affrontare il problema da più lati. E uno di quei lati combacia proprio con Palazzo Chigi.
La strategia a cui sta lavorando il Campidoglio prevede infatti il coinvolgimento diretto di quel governo dato per spacciato pochi giorni fa e che invece è sopravvissuto alla prova del voto di fiducia di ieri, uscendone probabilmente ancora più forte. Una buona notizia per Ignazio Marino, che in questi giorni ha intessuto rapporti strettissimi con i vari livelli della politica italiana: ha incontrato il ministro per gli Affari regionali Graziano Del Rio, ha incontrato i tecnici del governo e ha incontrato pure i parlamentari Pd (e non solo) per raccogliere promesse di sostegno e impegni concreti.
Tutto lavoro che non va buttato grazie al voto di fiducia che ieri il governo ha incassato. I ponti costruiti fino a oggi restano percorribili e continueranno ad essere battuti anche nei prossimi giorni.
L’ipotesi peggiore paventata dal sindaco della Capitale (se il Governo non interviene, Roma fallisce) sembra scongiurata. L’obiettivo numero uno per Marino è portare a casa il 2013, chiudendo il bilancio entro il 30 novembre ed evitando così il commissariamento. Poi, elaborare una strategia di più ampio respiro per il 2014 e gli anni a venire.
Il governo dovrebbe fare la sua parte. Il 15 ottobre arriverà la legge di stabilità dentro la quale dovrebbe trovare posto anche la norma “SalvaRoma” che dovrebbe rimodulare circa 400 milioni del debito della Capitale.
Altri 140 milioni dovrebbero arrivare dalla Regione come trasferimenti per il Trasporto pubblico locale. Ma non basta. Ed è per questo che l’amministrazione sta studiando anche le altre misure da affiancare. Il vicesindaco Luigi Nieri sta lavorando ad esempio un piano di vendita del patrimonio comunale, un’operazione che dovrebbe valere qualcosa come 200 milioni di euro e che necessita del coinvolgimento diretto della Cassa depositi e prestiti, che anticiperebbe il denaro in attesa delle vendite vere e proprie.
Di aumento delle tasse Marino invece non vuol sentir parlare. O meglio, bisogna distinguere. Il primo cittadino non ha intenzione di ritoccare al rialzo Irpef e Imu ma potrebbe dare il via libera a un considerevole aumento della tassa di soggiorno e all’occupazione di suolo pubblico. Lo scrive Repubblica, ipotizzando per queste tariffe non un semplice aumento ma addirittura un raddoppio.
E poi ci sono i tagli. Inevitabili, ma non lineari almeno nelle intenzioni dal Campidoglio. Circa 4mila dipendenti potrebbero essere prepensionati mentre gli assessorati dovranno fare i conti con risorse inferiori.
Ignazio Marino e la sua giunta si muovono su questo sentiero: reperire fondi, ridurre le spese e interagire con i livelli più alti dell’amministrazione statale. Un governo con cui parlare c’è ancora, un governo che s’è salvato ieri e che ora tra le cose da fare ha anche questa: dare una mano a Roma.