Nelle prossime settimane, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni dovrebbe varare – dopo un travaglio durato oltre tre anni – l’ormai famigerato Regolamento sulla promozione e tutela del diritto d’autore online, auspicato da alcuni e contestato da altri.
Il motivo principale all’origine della straordinaria lentezza con la quale l’Autorità si sta occupando della materia è rappresentato dal fatto che tutti – chi più chi meno – dubitano della circostanza che l’AGCOM disponga davvero del potere di scrivere le regole che essa stessa dovrà poi applicare all’intero settore del diritto d’autore online.
Dubbi e perplessità – quelli relativi alla sussistenza di tali poteri – tanto fondati che Corrado Calabrò, precedente Presidente dell’Authority, a suo tempo, non se l’era sentita di varare il Regolamento ed aveva espressamente richiesto al Governo o al Parlamento di intervenire con una norma di interpretazione autentica che chiarisse se ed in che termini l’AGCOM potesse davvero considerarsi legittimata a varare le nuove regole sul diritto d’autore online.
Ma, soprattutto, dubbi condivisi anche dall’attuale Presidente dell’Authority che, infatti, davanti all’inerzia di Governo e Parlamento nel rispondere alla domanda del suo predecessore non ha visto altra soluzione che chiedere a dieci eminenti giuristi – i cui nomi e pareri sono, tuttavia, curiosamente rimasti segreti – di confortare l’Autorità nel proprio convincimento di disporre dei necessari poteri.
Nessuno, però – neppure in AGCOM – si è mai mostrato troppo convinto che, al di là delle speculazioni giuridiche da legulei, sia davvero giusto che un’Autorità amministrativa si sostituisca al Parlamento e si metta, addirittura, a scrivere regole tanto delicate e complesse come quelle che governano il difficile equilibrio tra il diritto di tutti di comunicare online ed il diritto di altri di essere remunerati a fronte dello sforzo creativo e, forse, soprattutto economico, compiuto per dar vita e commercializzare un’opera dell’ingegno.
Lo stesso Presidente dell’Authority Marcello Cardani, infatti, sono mesi che va ripetendo che se il Parlamento decidesse di intervenire in materia, l’AGCOM farebbe, doverosamente, un passo indietro e gli lascerebbe ben volentieri scrivere le leggi come, d’altra parte, è sacrosanto che sia.
Sin qui, tuttavia, il Parlamento è rimasto sostanzialmente inerte, affaccendato in tutt’altre faccende, per la verità assai meno rilevanti per la vita dei cittadini e per il futuro del Paese ma, probabilmente, più importanti per la sopravvivenza, se non biologica almeno parlamentare di alcuni dei suoi occupanti.
Fatto sta che quando nei giorni scorsi parlamentari di diversi schieramenti hanno, deciso di occuparsi della materia e di annunciare la presentazione di alcune iniziative legislative in materia di diritto d’autore il Commissario AGCOM Francesco Posteraro, ha avuto facile gioco nel prendere carta e penna e scrivere che l’annuncio di un paio di iniziative legislative, peraltro in una stagione politica come quella attuale nel quale il Parlamento appare di fatto privato della capacità di scrivere le leggi, non è sufficiente perché l’Authority si fermi, rinunciando a fare il suo dovere “a legislazione vigente”.
Come dire che ci serve ben altro che la presentazione di un paio di disegni di legge perché possa dirsi che il Parlamento si stia davvero occupando della questione.
Mentre scriveva la sua lettera, tuttavia, forse il Commissario Posteraro non sapeva che lo scorso 25 settembre la Camera dei deputati ha deliberato l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, tra l’altro, proprio in materia di pirateria online.
La delibera istitutiva della nuova commissione parlamentare, pubblicata ieri in Gazzetta Ufficiale chiarisce che, nei prossimi giorni, il Parlamento inizierà ad occuparsi sul serio di “pirateria elettronica e digitale” con “l’obiettivo di approfondire e raccogliere dati aggiornati e dettagliati sui citati fenomeni, di verificare le ricadute e le potenzialità effettive del piano strategico nazionale anticontraffazione e di individuare misure di carattere legislativo”.
“La Commissione ha il compito – si legge all’art. 1 della Delibera – di accertare i risultati raggiunti e i limiti istituzionali tecnologici, normativi, organizzativi e finanziari attribuibili al livello nazionale che hanno reso inadeguate le azioni delle istituzioni nel contrasto dei fenomeni di cui al comma 1, con particolare riferimento al mancato esercizio dei poteri di prevenzione, di controllo e sanzionatori previsti dall’ordinamento, alla funzionalità del sistema di raccolta dei dati e delle informazioni da parte dei soggetti pubblici coinvolti e alla valutazione approfondita di fatti e di fenomeni sociali al fine di prevedere politiche di prevenzioni e di individuare poteri di controllo e di repressione più efficaci”
Difficile, a questo punto, sostenere che il Parlamento non si stia muovendo e ancor più difficile – specie dopo aver ripetutamente dichiarato che si sarebbe auspicata e preferita un’iniziativa parlamentare – che l’Authority possa “ingarellarsi” con la Camera dei Deputati e varare nuove regole proprio mentre quest’ultima ha iniziato, ora per davvero, ad occuparsi della materia manifestando la serie intenzione di capire le dinamiche sottese al fenomeno della pirateria digitale e di disegnare, quindi, efficaci risposte normative.
Tanto più che tra le attività che formeranno, in particolare, oggetto della Commissione di inchiesta ve ne sono alcune che riguardano esattamente le stesse questioni affrontate nel regolamento che l’Authority vorrebbe varare: il tema della promozione della cultura della legalità in materia di proprietà intellettuale, i compiti di vigilanza delle istituzioni – AGCOM in testa – preposte alla repressione dei fenomeni di pirateria e la difesa e tutela dei diritti di proprietà intellettuale.
Coerenza, doverosi rispetto costituzionale prima che istituzionale delle prerogative parlamentari e opportunità, a questo punto, impongono davvero all’Autorità di fermarsi in attesa che il Parlamento indaghi, comprenda e deliberi.
Non basta più dire che le leggi vigenti – forse – legittimano l’Autorità ad agire.
Salvo, naturalmente, che l’AGCOM non voglia limitarsi a fare quello che è, probabilmente, l’unico compito che il legislatore le ha davvero assegnato: scrivere le regole di attuazione della disciplina sul diritto d’autore per i soli editori dell’audiovisivo e per i soli contenuti audiovisivi.