Il caso Geymonant ad Anagni in materia di contraffazione dei farmaci non è che l’ultimo in ordine di tempo. Oggi manipolare le informazioni dell’etichettatura è ormai una realtà globalizzata, fenomeno che ha in internet il perfetto ambiente per diffondersi.
Ci risiamo. E’ di soli pochi giorni fa, 4 ottobre 2013, l’ultimo provvedimento da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) di sospensione di commercializzazione dei farmaci per gravi violazioni delle norme di sicurezza, igiene e fabbricazione, questa volta prodotti della Geymonant S.p.A.
Difetti nella fabbricazioni dei farmaci sono stati riscontrati infatti nella sede aziendale di Anagni, in provincia di Frosinone, un fermo, riferisce l’Agenzia, che resterà attivo fino alla verifica della totale rimozione da parte della Geymonant di tutte quelle violazioni che ne hanno provocato il provvedimento amministrativo.
La sospensione notificata in data 4 ottobre è tuttavia solo l’ultima tappa di una “querelle” che affonda le sue radici in tempi meno recenti: in data 4 settembre, infatti, a seguito delle indagini svolte dalla procura di Frosinone, i NAS hanno avviato delle ispezioni cautelative presso la sede di Anagni per verificare la legittimità della fabbricazione, riscontrando numerose violazioni che hanno indotto da una parte le autorità ad emettere un primo fermo al commercio di ben 9 classi di farmaci, e all’azienda, in seguito, di ritirarli “volontariamente” dal mercato, così come avvenne il 19 settembre. Ciò fino al definitivo stop del 4 ottobre, che, così come recita la pagina ufficiale dell’AIFA, è stato emesso “in seguito agli esiti della visita ispettiva effettuata tra il 4 e il 6 settembre 2013 dall’Aifa e dal Nas carabinieri di Latina, nel contesto delle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Frosinone, nel corso delle quali sono state rilevate gravi violazioni delle norme di buona fabbricazione.”
Per la cronaca tra i farmaci vietati alla commercializzazione risultano presenti l’ozopulmin, noto medicinale per la tosse, Alvenex in 450 mg, Gastrogel 2 g/10 ml, Sucrate 2 g gel, Intrafer 50 mg/ml, Nabuser, Citogel 2g/10 ml.
Il caso della sede di Agnani tuttavia non è che l’ultimo in rigoroso ordine cronologico, perchè il fenomeno della contraffazione dei farmaci è un fenomeno molto più storicizzato e globalizzato di quanto non si creda, e a ben vedere sfrutta a pieno le infinite opportunità commerciali che offre la rete. Nel gennaio del 2010, ad esempio, si ricorda il provvedimento di sospensione da parte dell’AIFA per due medicinali, l’Ectiva e il Reductil dell’azienda farmaceutica Abbott s.p.a, farmaci a base di sibutramina, una molecola che favorisce la perdita di peso, desiderio che stimola l’attenzione del pubblico inducendolo magari a fare acquisti affrettati, ma che può predisporre, spiegano gli esperti, anche a contrarre forme diabetiche come il Diabete Tipo 2 o la dislipidemia.
Data dunque la gravità dei rischi che presenta la contraffazione dei farmaci, e data anche la velocità e facilità con le quali si è sviluppato questo fenomeno, le autorità negli ultimi anni hanno sempre più intensificato gli sforzi per arrivare a politiche e a strategie condivise capaci di opporre ad una deriva una qualche forza di resistenza.
Nel 2007 l’AIFA, infatti, insieme a diverse istituzioni dello Stato, tra le quali il Ministero degli Interni, il Ministero della Salute, il Ministero dello Sviluppo Economico, l’Agenzia delle Dogane, il CCTS-NAS, istituirono una vera e propria “task force” nazionale al fine di generare una forza che si opponesse al dilagare di questo occulto fenomeno, un’iniziativa che già a quei tempi non mancò di rivelare numerose e spiacevoli sorprese.
Tant’è che solo pochi anni più tardi, nel 2010, il nucleo operativo entrerà a far parte di un progetto, questa volta di natura internazionale, gestito e coordinato dall’Interpol, dall’ IMPACT (la task-force anticontraffazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) e dal World Customs Organization (Organizzazione Mondiale delle Dogane), denominato Pangea III, e nel 2011 Pangea IV.
Scopo infatti del progetto di iniziativa comune ed internazionale, di cui oggi è operativo quello denominato Pangea V, è quello di arrivare a scoprire, rivelare, denunciare, e bloccare, sia all’interno dei propri confini che in ambito internazionale, sia su strada che sulla rete, coadiuvandosi dunque dell’essenziale lavoro della polizia doganale e della polizia postale, tutti i casi e tutte le possibili vie con attraverso le quali si arriva alla contraffazione di un medicinale. Riferisce ufficialmente l’AIFA che nel 2010 furono bloccati alla dogana ben 10mila farmaci non idonei alla legge, dimostrando una volta per tutte come il fenomeno è in crescita esponenziale: solo un anno più tardi, nel 2011, i casi saranno infatti più di 50mila.
Ma cosa vuol dire, dunque, contraffare un medicinale e quale le vie della loro commercializzazione?
Se a quest’ultima domanda è semplice dare una risposta, data l’evidente diffusione di una “rete condivisa” che in quanto tale dà luogo a quel fenomeno chiamato “internet”, realtà che consente agli utenti non solo di entrare “in contatto” tra loro, ma anche ai mercati di “creare nuovi spazi”, leciti ed illeciti, non risparmiando dunque che ad essere oggetto di commercio siano farmaci ed integratori, e a qualcuno di “inventarsi”anche come farmacista on line, sicuramente più complesso è dare una risposta univoca sul significato di contraffazione.
Riferisce l’Istituto Superiore della Sanità (ISS) che per farmaco contraffatto si deve intendere “ quel farmaco la cui etichettatura è stata deliberatamente e fraudolentemente preparata con informazioni ingannevoli circa il contenuto o l’origine del prodotto.”
Si tratta, dunque, di un lavoro di manipolazione delle informazioni riportate sull’etichetta presente in tutte le scatole di farmaci, che riportano, quindi, falsità ritenute vere in merito al principio attivo utilizzato o al corretto dosaggio chimico dei suoi elementi, o addirittura sulla presenza stessa degli ingredienti.
La casistica della contraffazione si può dire universale, perchè coinvolge pressoché tutte le categorie farmacologiche utilizzate dalla medicina, spaziando dai farmaci cd. generici a quelli specifici, da uno sciroppo, come l’ozopulmin della Geymonant dimostra, a veri e propri medicinali “salvavita”.
Si parla quindi di un reato molto grave, punito in Italia dai 3 ai 10 anni di reclusione secondo l’art. 440 del Codice Penale, perchè oltre ad arreccare danni economici ad un marchio commerciale, procura danni “morali” per il consumatore, che si vede tradito della fiducia nella “genuità” del prodotto. Ma la contraffazione può dar luogo a vere e proprie tragedie, perchè oltre a rendere il medicinale inefficace da un punto di vista terapeutico, possono verificarsi casi in cui ad esempio vengono utilizzati solventi, magari tossici, piuttosto che i veri ingredienti riportati dall’etichettatura.
E’ ovvio che l’obiettivo di colui che esercita un siffatto reato, non è altro che il rapido guadagno, realtà che in quanto tale favorisce che la contraffazione si diffonda sopratutto tra le categorie di medicinali a largo consumo e le cui vie della commercializzazione siano scarsamente controllate, come ad esempio il mercato on line può benissimo rappresentare. Inoltre contraffare un medicinale può essere un’operazione semplice, non sempre richiedente complessi lavori in termini di tecnologia e strutture adoperate; la cronaca recente infatti riferisce che negli USA per un gruppo di criminali finalizzato alla contraffazione di farmaci è stato sufficiente acquistare farmaci salvavita con un alto dosaggio di principio attivo per diluirli e rivenderli ad un dosaggio minimo, riportando nell’etichetta naturalmente il falso. L’attività dei contraffattori era quindi semplice, limitata a un cambio di etichetta, ma le conseguenze sono state drammatiche per i pazienti che hanno acquistato un farmaco salvavita inefficace da un punto di vista terapeutico. Uno studio della Havard School of Pubblic Health( HSPH), pubblicato il 18 settembre 2013 per il BMJ Quality & Safety. conferma la realtà ormai globalizzata della contraffazione dei farmaci, fenomeno che come tale non può non destare notevoli preoccupazioni e una risposta immediata da parte di tutte le istituzioni politiche e di controllo mondiali. Riferisce lo studio che la stima delle persone danneggiate dal consumo di medicinali illegali rappresenta infatti un numero da vero capogiro: 43 milioni di persone, tra le quali molte perdono la vita. Un fenomeno sostengono gli autori della ricerca che coinvolge tanto i paesi poveri, quanto quelli ricchi, tant’è, riferiscono i dati, che per ogni 100 pazienti ricoverati nelle strutture sanitarie, 12,7% sono stati i casi di danni derivati dalla contraffazioni nei paesi poveri, e addirittura maggiori, il 14,2%, quelli nei paesi ad alto reddito. “Questi risultati sono un segnale importante che abbiamo bisogno di investire per migliorare la qualità e la sicurezza dei sistemi di assistenza sanitaria in tutto il mondo “, riferisce Ashish Jha, autore principale della ricerca e professore di politica sanitaria e di gestione presso HSPH”
Lo studio conferma quindi come con la globalizzazione della comunicazione di massa e dei mercati, fenomeno che ha nella rete il suo vero artefice, nella quale le distanze sono azzerate, i contatti sincroni e un “click” è sufficiente per fare acquisti magari dall’altra parte del mondo, faccia seguito proporzionalmente una globalizzazione della reale minaccia della contraffazione, nella cui “rete” non si fa più differenza né geografica, né di reddito.
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it
http://www.iss.it/faco/index.php?lang=1&id=50&tipo=6
http://www.eurekalert.org/pub_releases/2013-09/hsop-mhe091713.php