(08/10/2013) “Via Castellana Bandiera”, primo film alla regia per Emma Dante
Palermo, Via Castellana Bandiera: due auto si ritrovano una di fronte all’altra in una strada troppo stretta per consentire il passaggio ad entrambe. A bordo di una Punto, Samira (Elena Cotta), anziana donna di origini albanesi, accompagna la famiglia Calafiore che rientra a casa dopo una giornata di mare. Di fronte a lei, Rosa (Emma Dante), al volante della sua Multipla, tornata nella sua terra insieme a Clara (Alba Rohrwacher) per recarsi al matrimonio di un amico.
In una Sicilia arsa dal sole, lo scirocco non dà tregua. Il caso ha voluto che Samira e Rosa si incontrassero, provenendo in senso opposto, in quel preciso punto, l’una sulla strada di casa, l’altra finita per sbaglio nel “budello” di quella via desolata.
A nulla valgono le ragioni addotte dai passeggeri da una parte all’altra dei rispettivi abitacoli, né gli strilli dei bambini stipati nei sedili posteriori della vettura guidata da Samira. Nessuno intende cedere il passo e le due auto restano immobili, muso contro muso. Intanto la variegata umanità che popola la viuzza comincia a risvegliarsi, richiamata dalla vicenda che si sta consumando fuori dalle case.
Mentre la messa in scena si fa corale, la sfida tra le due donne diventa sempre più personale, testimoniata dalla violenza del silenzio e degli sguardi che si scambiano Samira e Rosa attraverso i vetri dei parabrezza, fino al rifiuto stesso di acqua, cibo e sonno. Entrambe hanno un vissuto forte e doloroso.
Samira è sopravvissuta a sua figlia, morta di cancro ancora giovane, e vive con la nuova famiglia formata dal genero (Saro Calafiore, interpretato da Renato Malfatti), confortata soltanto dall’affetto corrisposto per suo nipote Nicolò (Dario Casarolo).
Rosa ha un rifiuto per la sua città natale, che ha lasciato da tempo, e nutre una profonda rabbia nei confronti di una madre che non ha saputo comprenderla. Anche il suo rapporto con la compagna Clara, per quanto maturo e consapevole, sembra attraversato da una forte crisi che arriva a contemplare la possibilità di una separazione proprio un istante prima dell’incontro con l’auto di Samira.
Tutto intorno a questa “singolar tenzone” ruota un intero mondo: le comari che si intrufolano nella vettura di Rosa per avvisarla della testardaggine di Samira; la donna che rivela a Clara l’arbitrarietà del diritto di precedenza come dell’appartenenza dei numeri civici in quell’angolo di mondo; il vicinato che condivide la cena fatta di spaghetti al nero di seppia; gli uomini che tramano per fare della vicenda un’occasione di guadagno.
“Via Castellana Bandiera” è un film di cui si può raccontare l’intera trama senza rovinare il finale. Forse perché un finale “oggettivo” non esiste. Durante la proiezione lo spettatore ha delle intuizioni, osserva dei dettagli – come la strada che gradualmente si allarga al punto da non rappresentare più un problema – e si pone domande, costruisce un’interpretazione. Assiste mentre la macchina da presa si sofferma sulle rughe scavate sul volto dei personaggi o quando resta fissa sulla sgraziata e interminabile corsa verso l’ignoto del finale.
Il film rappresenta l’esordio alla regia per Emma Dante, drammaturga e attrice teatrale d’avanguardia e anticonformista, fondatrice della compagnia “Sud Costa Occidentale”, i cui attori fanno parte del cast.
Tratto dal libro omonimo scritto dalla Dante – che ha realmente vissuto in quella strada – e pubblicato da Rizzoli nel 2008, “Via Castellana Bandiera” ha ricevuto la sua consacrazione alla 70esima Mostra del Cinema di Venezia, dove Elena Cotta, all’età di ottantadue anni, è stata premiata con la “Coppa Volpi” per la migliore interpretazione femminile.
La pellicola ha portato a casa anche altri riconoscimenti: il premio “Franco Pasinetti” come migliori interpreti a femminili a Elena Cotta e Alba Rohrwacher; il premio “Soundtrack Stars” per la migliore colonna sonora – in un film caratterizzato da gesti e grandi silenzi – ai Fratelli Mancuso, icone della musica siciliana; infine il premio “Lina Mangiacapre” “per aver messo in scena la sfida personale di due donne che, per il loro atteggiamento ribelle e imprevedibile, diventano espressione collettiva di rifiuto della violenza, della sopraffazione e della sofferenza che il potere patriarcale produce. La loro sfida blocca non solo una strada ma fa saltare dinamiche e logiche di quel sistema.”