(9/10/2013) La prova televisiva colpisce ancora.
La recente squalifica inflitta dal Giudice sportivo Gianpaolo Tosel, al giocatore del Milan Philippe Mexes reo di aver sferrato un pugno allo juventino Giorgio Chiellini, porta alla ribalta un tema molto sentito tra gli addetti ai lavori, la temutissima prova televisiva.
Potere alle telecamere. Sono distanti anni luce i tempi nei quali le partite si ascoltavano dalla vivavoce di appassionati radiocronisti, eleganti nel raccontare le gesta eroiche dei calciatori e fenomeni nel catapultare l’ascoltatore nella familiare atmosfera degli stadi d’una volta. Con le prime televisioni nelle case degli italiani, cominciavano a diffondersi anche le immagini, in bianco e nero, di eventi sportivi in grado di radunare centinaia di persone davanti ai pochi apparecchi allora presenti. Timidamente, con l’avvento dei colori e delle prime sequenze “al rallentatore”, s’affacciavano alle trasmissioni dedicate al calcio, i moviolisti, misteriose figure incaricate di analizzare l’episodio più incerto della domenica. Le partite di calcio diventavano col passare degli anni un boccone prelibato per le televisioni, che dovevano offrire qualcosa di innovativo e moderno. Più telecamere a bordo campo per trasmettere più emozioni, per garantire più audience. Obiettivo? Rendere i 90’ il più cinematografici possibile.
Le società calcistiche di A, ed in minore misura quelle di B, (sopra)vivono anche grazie ai milionari contratti che stipulano con i ricchi colossi della comunicazione. Attenzione però: gli occhi delle telecamere appostate praticamente ovunque, possono trasformarsi in un infernale strumento di controllo e repressione.
E’ l’articolo 35 del Codice di Giustizia sportiva a giustificare il ricorso alla prova tv, principalmente per le gare di Serie A e B. Non esiste solo il referto arbitrale o il rapportino del commissario di campo. Viene infatti data la facoltà agli Organi della Giustizia sportiva di utilizzare, quale mezzo di prova per irrogare sanzioni disciplinari ai tesserati, anche riprese televisive “o altri firmati che offrano piena garanzia tecnica e documentale”. Originariamente introdotta per eventuali espulsioni o ammonizioni comminate ad un calciatore diverso, è stata estesa anche ad altre ipotesi. Presupposto di tutto ciò è che la condotta violenta(pugno, sputo), gravemente antisportiva(simulazione per esempio) o l’espressione blasfema(bestemmia o insulto alla squadra arbitrale), non sia stata vista o sentita dall’arbitro. Un’autentica rivoluzione per il calcio.
E’ il Procuratore federale a chiedere al Giudice di visionare i filmati, presentati dallo stesso entro le 16 del giorno feriale successivo a quello della gara. Ma possono essere anche le società e i tesserati coinvolti a muoversi, offrendo a loro volta filmati per accusare o difendersi.
Il primo caso di ricorso alla prova tv per una condotta violenta risale ad un Perugia-Cagliari del settembre 1999. Lontano dal punto in cui si sta svolgendo il gioco, il perugino Ibrahim Ba, senegalese prestato dal Milan alla società del vulcanico Luciano Gaucci, colpisce con una testata il cagliaritano Fabio Macellari. 4 giornate di stop inflitte al giocatore e immediato il ricorso,successivamente bocciato, della società perugina che griderà allo scandalo.
A partire da quel momento, questo strumento mieterà illustri vittime, insospettabili calciatori dall’indiscusso valore. Vanno ricordati Totti e le sue 5 giornate per lo schiaffo a Colonnese del Siena; Adriano, che stende in Inter-Sampdoria della stagione 2008-2009 Gastaldello e viene squalificato per 3 turni. Infine Ibrahimovic e la sua manata a Rossi del Bari nella stagione dell’ultimo Scudetto rossonero: anche per lo svedese stop di 3 giornate.
La prova tv colpisce anche chi è colpevole di tuffi olimpionici sul terreno di gioco. Sempre Adriano, quando era ancora Imperatore, viene squalificato per 2 turni a causa di un rocambolesco volo con Doni, portiere della Roma, in uscita. Celebre, per le polemiche che ha suscitato, la simulazione di Krasic in area del Bologna, ad ottobre 2010. Calcio di rigore conquistato per l’ex juventino, ma anche 2 giornate di squalifica, meritatissime.
Insomma per un tesserato, calciatore o dirigente, la vita si rende assai complicata. Il ricorso a questo diabolico art.35 del Codice di Giustizia sportiva deve essere ovviamente limitato solo ad alcuni episodi non visti dagli arbitri. I tesserati potrebbero infatti tranquillamente utilizzarlo ogniqualvolta non viene rilevata e quindi sanzionata una condotta o un comportamento che, a loro dire, li ha penalizzati. E sarebbe la fine del calcio.