“Il simbolo di Forza Italia? Un marchio forte, ma finirà con Berlusconi”
(11/10/2013) Una volta sentivi un tale che diceva «Forza Italia» e pensavi alla Nazionale di calcio, da vedere allo stadio o alla Tv. Da vent’anni a questa parte, senti «Forza Italia», anche (ma non solo) in televisione e pensi a Silvio Berlusconi. Anche se magari non lo voti e non hai nessuna intenzione di votarlo.
Se però la creatura politica del Cavaliere è riuscita a penetrare così a fondo in tutti gli italiani, lo si deve anche a una piccola bandiera tricolore che ha materializzato sul piano grafico i sogni e gli incubi politici di milioni di elettori. A dare forma al simbolo di Forza Italia, in pieno 1993, è stato Cesare Priori, creativo di talento. Lavora con Silvio Berlusconi dal 1979: il primo disegno del biscione di Canale 5, per dire, è suo.
Da una decina di anni Priori ha lasciato il gruppo, ma del recupero dell’antico emblema (e di eventuali varianti che però non ci sono state) si è occupato ancora lui. Tocca allora a Priori raccontarci la storia del marchio politico più efficace (nel bene e nel male) degli ultimi vent’anni esatti. Un marchio che, forse, uscirà di scena assieme alla persona per cui è stato inventato.
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Priori, quando Silvio Berlusconi le aveva chiesto di disegnare il simbolo di Forza Italia, le aveva commissionato un simbolo di partito o un marchio generico?
Diciamo che all’inizio si parlava di un movimento, non mi era stata ancora comunicata l’idea di un partito. Sul come fare, conoscendo il personaggio, doveva essere una cosa molto semplice, immediata, non dovevano esserci fronzoli, simboli strani… doveva essere una cosa che si vedesse subito e parlasse da sola.
Ma aveva ricevuto indicazioni precise su come doveva essere il simbolo?
No, non mi aveva detto niente di specifico. Come si vede anche dai bozzetti che io ho inserito nel volume sulle campagne elettorali realizzato lo scorso anno, avevamo fatto diverse altre prove, prima di arrivare al logo definitivo. Inizialmente l’espressione «Forza Italia» non era ancora nell’aria, per cui si provava con «Il BuonGoverno», «L’Italia che vogliamo», «Italia giusta», etc. Tutte espressioni che erano circolate o che, in qualche caso, ho elaborato e proposto io, come Berlusconi mi aveva chiesto di fare.
Si può dire quindi che all’inizio lei ha lavorato senza avere un obiettivo grafico preciso…
Esatto, anche se a un certo punto era comunque nata la necessità che nel marchio ci fosse almeno la parola «Italia». Era già un passo avanti, se vogliamo.
In effetti quella parola non era molto presente nei simboli, così come era piuttosto assente il tricolore, fatta eccezione per i contrassegni di liberali e missini. Come mai ha scelto di usare i colori nazionali?
Alla base della scelta c’era il fatto che, come detto prima, si era deciso di inserire la parola «Italia» nel contrassegno, per cui è stato abbastanza spontaneo, doveva essere un leit-motiv. Alla fine poi ho scelto di dare ai colori la forma della bandiera perché il disegno fosse immediatamente riconoscibile, con una scritta che non lasciasse dubbi interpretativi: nessun fiore, nessun animale, niente di niente. Doveva essere tutto chiaro, colpire.
Bandiera che però è nata dopo rispetto allo slogan «Forza Italia», giusto?
Beh, sì, a un certo punto si è deciso di lavorare proprio sul concetto di «Forza Italia», scartando le altre idee sviluppate fino a quel momento, così mi sono concentrato graficamente solo su quel nome.
Nome che è stato scelto da Berlusconi…
Esatto. L’espressione «Forza Italia» era un incitamento a darsi da fare, muoversi, mettersi insieme. Eppoi c’è un particolare che può essere divertente: si sapeva che nel 1994 ci sarebbero stati i Mondiali di calcio e Berlusconi ne tenne conto. «Potremmo sfruttare il veicolo sportivo, le partite in cui i tifosi allo stadio gridano “Forza Italia!”, avremmo già una frase che è sulla bocca di tutti e può entrare nella testa». La concomitanza dei Mondiali, dunque, era un aggancio in più perché il nome facesse presa, ma a livello di battuta era diventata persino una via d’uscita: «Speriamo che tutto vada bene – diceva Berlusconi –. Male che vada, le bandiere che abbiamo fatto ce le possiamo vendere allo stadio…»
Tornando al disegno, come si è arrivati a scegliere il disegno che poi è diventato definitivo?
Come accennavo, la bandiera era sentita come segno di aggregazione. Il nome scritto in obliquo rendeva il marchio un po’ più “nuovo”, diverso, più di quanto non avrebbe fatto una semplice scritta sparata in mezzo. In più, si è sempre pensato che, poiché l’utilizzo maggiore del segno sarebbe stato su dimensioni piccole, di due centimetri (il diametro dei simboli sulle schede in quel periodo era appunto di 2 cm, ndr), occorreva dare la massima leggibilità anche nel “piccolo”, mantenendo però inalterata l’idea della bandiera: altre soluzioni erano più banali, avevano meno appeal.
Anche la scelta di non usare le classiche bande verticali della bandiera italiana va in questo senso?
Sì, ci interessava richiamare il tricolore sul piano cromatico, ma ci è bastato “simboleggiare” il discorso dei colori, senza metterli nella posizione classica della bandiera. Avevamo provato la stessa scritta con le bande verticali, ma non funzionava bene: questa soluzione invece aveva più impatto, si muoveva meglio, accompagnava anche quell’accenno di “sventolio” – sebbene finto – che avevo dato alla bandiera, per cui ho trovato che il tutto fosse più “legato”.
È curioso però che il nome del partito fosse scritto in un carattere un po’ retrò, non proprio “anni ‘90”: c’era un motivo?
In effetti fui criticato, mi dissero che avevo usato un disegno “vecchio”. Siamo partiti da un carattere “bastone”, un Helvetica per capirci, ma non legava bene: comprimendolo abbiamo occupato il più possibile lo spazio. Non sarà stata una genialata, il “bastone” è datato, forse anche brutto, adattato per essere il più leggibile possibile; alla fine però il messaggio è passato. Tra l’altro, nelle versioni successive togliemmo l’ombra interna della scritta perché, riducendo il bianco delle lettere, impastava il tutto e faceva perdere in leggibilità; consideri poi che la stampa delle schede non sempre era di buona qualità, per cui era meglio semplificare il disegno.
Piccola divagazione tecnica: la scelta di una particolare font, cioè di un tipo di carattere piuttosto che un altro, che peso ha in un marchio politico?
Ha decisamente un peso rilevante. Noi abbiamo usato caratteri sempre piuttosto “potenti”, sempre classificabili come “bastoni”: abbiamo evitato caratteri con grazie, sempre tenendo presente che il disegno doveva essere ridotto a due o tre centimetri di diametro, per cui tutte le grazie e i particolari sottili si “impastano” e “si chiudono”, insomma non si vedono.
Provo a immaginare la scena: lei porta a Berlusconi il bozzetto e glielo sottopone. Lui come ha reagito?
Suggerendo un intervento solo millimetrico, modificando la forma della bandiera perché le sue punte fossero esattamente a contatto con la circonferenza che delimitava il diametro del simbolo, per guadagnare il più possibile in visibilità. Anche il millimetro in più è servito allo scopo. Negli anni successivi, rispetto a quel disegno, sono state giusto smussate un po’ le “onde” della bandiera.
E così nacque il simbolo di Forza Italia. Era il suo primo marchio politico?
Sì. Io già lavoravo da anni con Berlusconi come direttore creativo prima di Fininvest e poi di Mediaset, ma di grafica politica ho iniziato a occuparmi – sempre con lui – a partire dai primi esperimenti del 1993.
Quando il simbolo è stato definito, aveva il sentore che potesse durare vent’anni?
No, assolutamente no. Io, data la mia estrazione di grafico, l’ho vissuto come un lavoro di grafica, un’opera che mi era stata commissionata e allora non ho fatto valutazioni. Poi ha funzionato, ma è stata una sorpresa che è venuta dopo.
Dopo aver visto che il segno aveva fatto presa, si è dato una spiegazione di quel successo?
Secondo me era senz’altro merito del carisma di chi stava dietro a quell’emblema. Ritengo che Forza Italia sia ancora un marchio valido, pulito, senza inutili esibizioni, se si vuole anche senza troppa fantasia, ma il simbolo è stato valorizzato dal carisma del personaggio Berlusconi che lo ha trascinato e lo ha portato in cima come una novità politica. Senza il suo carisma, Forza Italia sarebbe stato un marchio “buono”, ma non a livello di brand come Coca-Cola, Fiat, Apple o simili.
Come esperto di comunicazione, quali meriti riconosce all’emblema “varato” nel 1994?
Come accennavo prima, un’estrema chiarezza: è immediato, non occorre ragionarci sopra, come invece avviene per contrassegni che usano magari fiori, animali e comportano almeno un minimo di ragionamento. Vale anche qui la filosofia enunciata da Berlusconi, per cui se un messaggio impiega più di tre secondi per essere capito, non è chiaro oppure può essere sbagliato.
Parlavamo prima dell’uso del tricolore, che dopo l’avvento di Forza Italia è stato replicato a mani basse, al punto che un certo uso dei colori nazionali nel simbolo permetteva di richiamare subito una certa vicinanza a Fi o al Pdl. Non le è mai venuto il sospetto che il vostro uso così evidente potesse escludere una parte degli italiani dall’affezione al tricolore, un po’ come chi non se l’è più sentita di continuare a urlare «Forza Italia» alle partite della Nazionale?
Mah, no, non l’ho mai pensato… Per lo meno, allora non ci ho pensato. Riflettendo oggi, dico che altri partiti lo hanno usato, siamo in Italia e a nessuno si può impedire di avvalersi dei colori nazionali; ma Forza Italia aveva il valore aggiunto del carisma del personaggio, di quello che ha fatto.
Tra l’altro, nonostante nel simbolo ci fossero solo il verde, il bianco e il rosso, sostenitori, candidati ed eletti di Forza Italia erano diventati subito “gli azzurri”…
Beh sì. Da una parte c’era la scelta dell’azzurro del cielo, che era presente nel materiale di propaganda e negli spot: l’azzurro era stato giustificato con la scelta di un’iconografia molto semplice, molto tranquilla, per comunicare serenità e leggerezza. Una volta peraltro ho ricevuto una critica, tra le tante, perché lo sfondo dell’azzurro con le nuvole era lo stesso usato nella scenografia del funerale di Fellini… e io non lo sapevo. Dall’altra parte c’era il famoso concetto sportivo della “discesa in campo”, legato anche – come dicevo – all’esperienza dei Mondiali che si sarebbero giocati quell’anno avendo l’Italia, dunque gli Azzurri, come protagonista.
Nel 1996 il simbolo cambia leggermente: dalla bandiera su fondo bianco si passa a riempire tutto il cerchio con il verde e il rosso, con la scritta in maggiore evidenza. Quella versione però, di fatto, è stata abbandonata molto in fretta: perché si era deciso di adottarla e perché la si cambiò quasi subito?
Avevamo utilizzato quel disegno, che peraltro era già pronto nel 1994, per dare ancora più risalto al nome della forza politica: se guarda bene, le lettere arrivano quasi a toccare i bordi del cerchio e lo scopo principale era proprio ingrandirle il più possibile, senza tradire l’idea iniziale. L’unico motivo che mi viene in mente per l’abbandono è che, pur essendo uguali la scritta e il carattere, rimaneva ancora vivo il discorso della bandiera, che si era radicata in maniera più evidente e forte.
Il fatto che le elezioni non fossero state vinte da Berlusconi c’entrava qualcosa?
Beh, sì, probabile… (ride) Il marchio aveva comunque funzionato e avrebbe funzionato anche in seguito, quella volta volevamo farlo funzionare meglio facendo risaltare il nome, ma non tutte le cose vanno come uno pensa…
Facciamo un salto in avanti di undici anni e arriviamo al varo del Pdl: in quel caso cosa le era stato chiesto?
C’era senz’altro la volontà di creare un nuovo simbolo, in cui non ci fosse più l’elemento caratteristico della bandiera ma ci fosse comunque un accenno di tricolore. C’era però anche l’esigenza di inserire anche il nome del partito, che ancora non si sapeva se sarebbe stato «Partito» o «Popolo della libertà», e l’indicazione della leadership di Berlusconi. Si trattava dunque di mettere insieme diversa roba in poco spazio; solo che il simbolo di Forza Italia per me era davvero un marchio, quello del Pdl somiglia di più a un’accozzaglia di segni che mi convince meno.
Alla fine dunque come si è arrivati a scegliere i contrassegni effettivamente in uso?
Semplicemente erano le soluzioni grafiche più “tranquille”, nient’altro. Lo ha pensato Berlusconi quando gli ho sottoposto le varie versioni ed era un’idea che avevo anch’io. Tra i bozzetti ce n’era uno che non mi dispiaceva, quello che in alto aveva una specie di ventaglio con l’azzurro e il tricolore: sarebbe stato un po’ più “marchio” e meno “accozzaglia”.
Anche la scelta dell’arcobalenino tricolore rientrava nel disegno di “tranquillità” del simbolo o aveva un’altra ispirazione?
Si trattava di riprendere il tricolore, attraverso la forma dell’arcobaleno che è un simbolo di speranza, di ricchezza, visto che all’origine dell’arcobaleno c’è la pignatta d’oro… Io tra l’altro ero un po’ perplesso, perché mettere il tricolore in quella posizione rischiava di richiamare piuttosto la bandiera dell’Ungheria; mi è stato detto però che quello che veniva evidenziato era comunque il tricolore e non dovevo pormi questo problema.
Quella volta lei ebbe la sensazione che quel simbolo sarebbe durato meno?
Eh sì, ammetto che a me personalmente non era piaciuto molto, anche se poi è stato portato avanti per alcuni anni. In Forza Italia, però, vedevo qualcosa, non era un’invenzione grafica ma aveva forza; in questo segno ho cercato di mettere tutti gli elementi nel modo più efficace possibile, ma l’effetto era ben diverso.
Berlusconi ha spesso puntato il dito contro il nome del partito, ritenendolo poco emozionale, eppure dietro c’era sempre lui: il nome può aver impedito al simbolo di attecchire a dovere?
In effetti sì: alla fine è stato adottato «Il Popolo della libertà», ma sullo sfondo c’era sempre Forza Italia, sentivamo che era quello il discorso da portare avanti. Il passaggio al nuovo nome non è stato vissuto molto bene, anche se era rimasto il fattore aggregante di Berlusconi.
Così per chi aveva fatto parte di Forza Italia c’era un nome che aveva meno appeal, ma anche un gradimento minore per quel progetto, che risultava meno convincente di Forza Italia?
Penso di sì, penso di sì.
Da quando ha avuto il sentore che si potesse tornare a Forza Italia?
Direi da vari mesi. In più già l’anno scorso c’era il sentore del cambio di marchio, avevamo fatto alcune prove, io in particolare avevo disegnato un aquilone, a tre spicchi coi colori della bandiera, chiusi in basso da due curve…
Ho visto quel simbolo, a me ricordava piuttosto un deltaplano…
Possiamo anche chiamarlo così, però l’idea era quella di un aquilone. Berlusconi inizialmente se n’era innamorato, gli piaceva molto, aveva sparso la voce, ma poi ha deciso di restare su Forza Italia com’era in origine, credo giustamente.
Che impressione le ha fatto questo ritorno? Le è parso un ritorno a una carta vincente o ha avuto il sentore che per qualcuno fosse una “minestra riscaldata”?
No no, credo proprio che fosse tornare a una carta vincente. Chi era all’inizio di Forza Italia era rimasto un po’ frastornato dal passaggio al Pdl, anche se con il tempo l’aveva assorbito; il ritorno alle origini, alla “novità” di Forza Italia e al suo potenziale avrebbe però potuto aggregare tutti, compresi quelli che erano rimasti delusi. Dimostrazione, se si vuole, che anche quando non è stato usato, il simbolo di Forza Italia ha continuato a “vivere” e ad essere forte.
Le è stato chiesto di ritoccare leggermente la bandierina di Forza Italia?
Ci abbiamo provato per vedere se, pur mantenendo l’idea grafica, si poteva avere qualche miglioramento smussare o cambiare leggermente le curve della bandiera oppure cambiando carattere alla scritta, usando una font come quella del Pdl, sempre un “bastone” ma più corposo. Alla fine però ci siamo accorti che si perdeva in qualità, così siamo ritornati sui nostri passi e il simbolo è rimasto uguale.
Tra i simboli scartati nel 1993, ce n’era anche qualcuno con la sola scritta «Italia». Anche nel 2011 qualcuno ipotizzò di sostituire il Pdl con un nuovo partito che si chiamasse appunto Italia, magari con un lettering particolare: sarebbe stato un marchio forte, nel caso?
Mah, lo troverei abbastanza qualunquistico. «Forza Italia» era forte anche per la presenza della prima parola, solo «Italia» credo che sarebbe privo di fantasia, piuttosto ordinario.
Secondo lei, il simbolo di Forza Italia in futuro potrebbe esistere senza Berlusconi o a prescindere da lui?
A mio parere no. Forza Italia è Berlusconi, le due cose vanno assolutamente assieme. Se qualcun altro prendesse le redini del partito, credo che crollerebbe tutto. Se Berlusconi rimanesse comunque come “padre nobile”, come persona che anche dall’esterno guida le sorti del partito, il segno potrebbe avere ancora la sua forza; in caso di un distacco più profondo, anche per motivi “di forza maggiore”, il simbolo rischierebbe di non funzionare più.
(Salvo diversamente indicato, i disegni pubblicati a corredo dell’articolo provengono dal volume di Antonio Palmieri, Gianni Comolli, Cesare Priori e Massimo M. Piana, Come Berlusconi ha cambiato le campagne elettorali in Italia, Cipidue, 2012. Si ringrazia per la collaborazione Roberto Zuffellato di Cipidue).