Un cambiamento di processo: una wikimozione congressuale

Pubblicato il 11 Ottobre 2013 alle 20:18 Autore: Eugenio Angelillo

La discussione sul rapporto tra politica e web in Italia fino a tempi recenti non è mai andata oltre al ruolo dei social network nella comunicazioni o nella propaganda politica o alle polemiche abbastanza strumentali sull’uso di Facebook e Twitter come ad esempio durante l’elezione al Quirinale. Anche nel PD, dove esiste la possibilità di formare circoli online, l’apertura alle nuove tecnologie ha avuto alterne fortune. Tuttavia l’avanzata del Movimento 5 Stelle costruita anche attorno a strumenti come Parlamentarie e Quirinarie, seppure con qualche inciampo, ha spostato il dibattito sul come via web vi possa essere interazione tra il politico e il suo elettorato. Nell’attesa che il Movimento 5 Stelle renda operativa la sua piattaforma, ora utilizzabile in fase di test solo in alcune regioni, altri, come per esempio la Mozione Civati a Milano, tentano di aprire nuove strade con strumenti nuovi provando a costruire la mozione per il congresso provinciale del PD di Milano con un wiki. Ne parliamo con Mauro Mercatanti uno degli ideatori della WikiMozione lanciata oggi dal comitato Milano per Civati.

Mercatanti, prima di tutto, perché una mozione wiki?

A nostro parere Pippo Civati differisce dagli altri candidati su un punto in particolare: quello della partecipazione. In nessun’altra mozione viene data altrettanta centralità alla mobilitazione cognitiva e all’obiettivo di coinvolgere gli iscritti in tale processo. Molti parlano di partecipazione ma in realtà intendono una non meglio definita consultazione della base.

La mozione dei renziani, per esempio, declina la partecipazione così:  “Questo è il nostro documento, mandateci una mail e diteci cosa ne pensate”. Questo approccio pone dei problemi. A chi mando la mail? Verrà letta? Se sì, da chi? Mi risponderà? Ci sarà una discussione o semplicemente qualcuno deciderà se quello che scrivo va bene o non va bene? Nel caso chi lo decide? E sulla base di cosa?

Ecco, credere nella partecipazione, oggi, non può che voler dire una cosa: offrirla al massimo grado che la tecnologia consente. Meno di questo non va bene. Punto.

E quindi?

E quindi oggi la tecnologia consente di avere piattaforme sulle quali un documento politico possa essere modificato direttamente da chi si è registrato. Significa dare in mano a chi ti segue le chiavi per smettere di seguirti e diventare tutt’uno con te. Chiaro che chi offre questa possibilità è quello che, prima, gestisce il processo e, poi, ne tira le fila, li rappresenta e li propone all’opinione pubblica.

Insomma, un cambiamento di processo

Sì il meccanismo della wiki mozione è molto trasparente e nessuno potrà dire “hey, non sei democratico perché non hai recepito il mio contributo”. Qui non si tratta di democrazia ma di elaborazione politica partecipata e dunque è pacifico che ogni contributo sarà vagliato, accettato o respinto dalla comunità che si è mobilitata, sulla base dei valori condivisi che l’hanno mossa. “Uno vale uno” è uno slogan fuorviante: livella tutti verso il basso. Il contributo di qualcuno, invece, potrà valere più del contributo di qualcun altro, se viene capito e accettato dalla comunità dei partecipanti. Non vedo quale sia il dramma di una simile evenienza.

Vedo un accenno di polemica coi 5 Stelle

Diciamo che capirei di più se fosse “Uno conta uno”.  Nel senso che quello che rileva è che a tutti venga data la medesima opportunità di far valere il suo contributo (modifica, integrazione o contestazione che sia). Una piattaforma wiki funziona esattamente così. Poi – la comunità dei partecipanti, insieme con chi gestisce il processo e ha la responsabilità di finalizzarlo – devono fare la loro parte. Che è quella di dare peso, forma, sostanza ed esito al processo stesso. La forza di un leader (o di un gruppo, come in questo caso) deve essere quella di innescare il processo sulla base di una riflessione di partenza, e poi  governarlo in modo del tutto trasparente e aperto, senza paura. Faccio notare che sin qui nessuno l’ha fatto, men che meno Grillo.  E le attuali polemiche nel Movimento, per esempio sul reato di clandestinità, dimostrano tale deficit.

Mentre invece Civati…

Mentre invece mi piacerebbe che Civati diventasse il “first mover” di questa pratica politica di radicale aperture e provasse a far conseguire alle parole sulla partecipazione e sulla mobilitazione cognitiva una coerente pratica che dimostri sostanzialmente tre cose: che si può fare politicamente, che si può fare tecnologicamente, che si può fare antropologicamente

Ecco veniamo a uno dei punti dolenti. La critica spesso punta l’indice sul fatto che sui forum, su Facebook spesso diventa uno sfogatoio, preda di troll

Esistono infatti ancora oggi dei veri e propri sbarramenti psicologici all’adozione di soluzioni partecipative così estreme per preoccupazioni di ordine politico (paura di perdere il controllo politico del giocattolo), di ordine tecnico (paura di attacchi, hackeraggi, trollaggi, sabotaggi), di ordine antropologico (paura che la gente non sia all’altezza). Cercherò di dire perché  a mio parere sono tre falsi problemi.

Cominciamo dagli ostacoli politici

Come dice Barca occorre accettare una piccola cessione di “sovranità” politica per ottenere in cambio una più efficace partecipazione politica. Siamo messi come siamo messi eppure tutti i leader politici si presentano – immancabilmente – con in tasca la soluzione di tutti i problemi.

Il punto è offrire per la prima volta un leader politico che muova dalla premessa di non avere in tasca altro che una propria visione, inevitabilmente parziale. Quello che stiamo provando a fare a Milano è offrire un punto di partenza, un metodo e uno strumento. E cercare di tirarci fuori una mozione congressuale veramente partecipata. Il “giochino” può funzionare se si riuscirà a coinvolgere gente con un sistema di valori condiviso e una stessa urgenza di partecipazione. In questo modo la wikimozione potrebbe diventare un motore/collettore di intelligenza collettiva che permette a tutti di partecipare. Non solo agli attivisti politici abituali. Perché né tu né io possiamo sapere quando, da chi e da dove può arrivare il contributo che migliora davvero il nostro punto di vista iniziale. Altrettanto pacifico è e deve essere il fatto che, trattandosi della mozione di Milano per Civati, l’ultima parola – in caso di avvitamento di un punto di discussione su cui non si riesca ad arrivare a sintesi – debba spettare comunque a chi presenterà la mozione.

Ma non c’e’ il rischio che esca fuori una sorta di mozione patchwork, disomogenea nelle sua parti?

Il senso e il fine dell’operazione wiki non è avere quantità ma qualità. E quello dipende molto sia dalla qualità della mozione di partenza sia dalla qualità degli interventi di chi partecipa. Quello che rileva ai fini politici non è il fatto di aver coinvolto tanta gente, ma il fatto di avere davvero dato la possibilità a chiunque lo desiderasse di dare il suo contributo in modo trasparente e garantito. Se questo avviene, il problema di democrazia viene spostato da chi offre soluzioni a coloro che non sanno/vogliono/possono avvalersene. E sarebbe anche ora che si togliesse dalle mani dei qualunquisti e dei cinici la loro arma più letale: il senso di impotenza delle persone.
Se gap deve esserci, deve dunque essere un gap meramente tecnologico e digitale. Non certo di convinzione politica.

Ecco appunto parliamo di tecnologia

La mozione Wetropolia è ospitata su una piattaforma wiki che abbiamo chiamato PWEBLO. In realtà usiamo semplicemente Media Wiki http://www.mediawiki.org (quella di wikipedia, per intendersi), declinandola sulle nostre esigenze.

Mediawiki è una struttura open source rilasciata sotto licenza GPL (General Public License), scritta in PHP.

Con Mediawiki è possibile pubblicare e gestire portali per la condivisione di sapere, di ogni genere e tipo. I collaboratori possono non solo aggiungere pagine al sito/portale, ma possono modificare le pagine esistenti pubblicate da altri autori. Per accedere alla piattaforma basta una semplice registrazione.

Media Wiki deve essere installata su proprio server (Linux, Apache, PHP/MYSQL). Noi usiamo sistema Cloud di Amazon Web Serverice

Stiamo inoltre costruendo uno staff motivato e in grado di monitorare e gestire il flusso del processo. Quando si genera una discussione su un punto lo staff è in grado di avviare una procedura di discussione e approfondimento che arrivi a un risultato. La discussione avviene su pagine a parte.

Il documento originario è comunque sempre scaricabile, in modo da poter rendere sempre visibile da dove si è partiti e dove si è arrivati. E in modo che comunque sia chiaro che il processo di partecipazione è stato attivato su impulso di contenuti precisi, offerti da un gruppo preciso di persone.

Se il documento è all’altezza, genererà un dibattito all’altezza.

Questo per la sicurezza, ma certo non vi mette al riparo da flame o azioni di disturbo di utenti “registrati”

Torno su un concetto. Non ci serve che sulla piattaforma vadano le moltitudini, ci serve ci vada gente motivata a migliorare il documento e dimostrare che un’intelligenza collettiva può arrivare dove le singole intelligenze non possono.

Se alla gente fai capire che c’è un luogo aperto, trasparente e finalizzato a raccogliere contributi senza filtri e senza ipocrisie; se gli fai capire che ci credi e che stai investendo politicamente in questa direzione; se sei in grado di far intuire che un percorso che permetta la reale inclusione del contributo di chiunque (a prescindere da dove si trovi, che relazioni abbia con il partito e cosa faccia nella vita)… bé, hai veramente avviato un processo che ti consente finalmente di “stanare” chi usa l’alibi dell’antipolitica e dell’autorefernzialità del ceto politico per lavarsene semplicemente le mani e crogiolarsi nello sdegno. E per coinvolgere anche chi non si occupa di politica per mancanza di tempo o anche solo di energia. O anche solo quelli che alle assemblee non prendono mai la parola semplicemente per timidezza.  Vi siete mai chiesti a quanti contributi validi abbiamo rinunciato per non essere stati in grado di coinvolgere quelli che non vivono l’attivismo politico come dimensione anche sociale? Come è sempre stato e sempre sarà, il concetto che “la gente non è all’altezza” è un alibi orrendo. Ci vuole solo un po’ di organizzazione: massima apertura con chi vuole dare un contributo, massima chiusura con chi vuole fare teppismo intellettuale. Le comunità digitali più organizzate hanno già ampiamente dimostrato di avere gli anticorpi per neutralizzare troll, hooligan e provocatori vari.

Se c’è un politico che dimostra che con lui lo slogan della partecipazione diventa una pratica accessibile e persino intuitiva, ebbene questo politico ha in mano le chiavi del futuro.Occorre solo il coraggio di partire. Quelli della mozione Milano per Civati l’hanno avuto. Speriamo siano i primi. E non gli ultimi.