L’Africa del Tesoro
L’Africa del Tesoro
Qualche giorno fa sulla sua pagina Facebook il cantautore Francesco Guccini ha segnalato un mio libro, “L’Africa del Tesoro”, pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2006. Un libro al quale sono molto affezionato perché raccoglie reportage di viaggi che hanno profondamente segnato la mia esperienza professionale: in Sudan, nel pieno della guerra in Darfur, nel conflitto nord-ugandese, tra i pigmei del Congo e nella guerra civile dell’Angola segnata dai cosiddetti diamanti insanguinati.
Quel libro, scritto praticamente dieci anni fa, era stato un discreto successo, ma a sette anni dalla pubblicazione era ormai fuori catalogo ed esaurito. La citazione di Francesco Guccini, che mi ha lusingato perché era inserita all’interno di un dibattito sulla sciagura di Lampedusa, diceva in sostanza a chi partecipava alla discussione: “Volete sapere da dove arrivano i migranti che si imbarcano su queste carrette del mare? Leggete L’Africa del Tesoro”.
E’ bastato questo perché mi arrivassero diverse richieste del libro. Così ho deciso di pubblicarlo di nuovo sotto forma di e-book. In effetti quei reportage raccontano di guerre per le materie prime per le quali a pagare il prezzo più alto sono le popolazioni africane. E’ una costante: in tutte le guerre ci sono élite politiche, trafficanti internazionali, multinazionali che si contendono il bottino mentre i civili, anche i più indifesi come donne e bambini, diventano una variabile della quale le parti in conflitto si fanno forti per ottenere i loro obiettivi.
Un’altro degli aspetti che emerge da quel libro è che tra i colpevoli di ciò che accade c’è anche la nostra politica, cioè la necessità di non far diminuire il livello di benessere al quale siamo abituati. Se, per esempio, comprassimo l’oro proveniente dal Congo al giusto prezzo molte nostre aziende medio-piccole di lavorazione del metalli preziosi non starebbero più sul mercato: ci sarebbero più disoccupati, meno potere d’acquisto, meno benessere.
Ho fatto l’esempio dell’oro (che in Congo e in molti paesi africani viene estratto con il lavoro sotto forma di schiavitù di minatori bambini) ma avrei potuto parlare di prodotti agricoli, o di tessuti, o di altre risorse minerarie.
Ecco, quel libro, apriva questa contraddizione. Non guardava all’Africa solo con un occhio desideroso di immagini esotiche o di elargire sguardi pietistici. No, era un modo di vedere le guerre africane, il lavoro minorile, la violenza, la mortalità infantile come l’altra faccia della medaglia, cioè il volto nascosto del nostro benessere.
Il libro non presentava soluzioni (sono solo un giornalista) ma avanzava l’ipotesi che essere almeno consapevoli di come va il mondo è un dovere al quale non possiamo sottrarci. E oggi, con la tragedia di Lampedusa ancora fresca, essere consapevoli significa capire un po’ meglio i motivi di chi si imbarca su una carretta del mare e rischia di morire poco dopo avere avvistato la terra.