Accademia di Santa Cecilia, per ascoltare una colonna sonora bisogna prendere il treno
E’ stato presentato lo scorso 8 ottobre il nuovo archivio multimediale delle colonne sonore del cinema italiano costituito presso la Bibliomediateca dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Gianni Dell’Orso, fondatore della GDM Music, ha spiegato che l’Archivio multimediale delle colonne sonore, realizzato dalla sua casa discografica con il consenso dei principali editori e discograficiitaliani, ha lo scopo di preservare da tempo un inestimabile patrimonio della cultura italiana e renderlo accessibile a studenti, ricercatori e appassionati, dando così l’opportunità di ripercorrere attraverso la musica oltre ottanta anni di storia del nostro cinema.
Scopi e funzioni dell’archivio sono indubbiamente nobili e meritori così come condivisibile ed apprezzabile è la scelta della Siae di riconoscere all’iniziativa il proprio patrocinio e di mettere a disposizione dell’Archivio il patrimonio del suo Archivio Opere Musicali Online, della rivistaVivaVerdi e del sito Siae per arricchire i profili degli autori ed editori del mondo delle colonne sonore italiane.
Più difficile da comprendere ed accettare è la scelta di rendere accessibile il patrimonio musicale custodito nell’archivio solo attraverso le apposite postazioni multimediali presenti presso i locali dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia.
Ha il sapore della beffa l’annuncio che accoglie i visitatori sul sito dedicato all’iniziativa: “Gentile utente, l’Archivio è costituito da un catalogo informatico di un vasto repertorio di colonne sonore di compositori italiani, continuamente aggiornato. L’elenco dei titoli, dei compositori, degli editori musicali e le news possono essere consultati in questa zona pubblica. E’ possibile ascoltare e consultare tutti i contenuti (tracce audio, crediti musicali, cinematografici e biografie) all’interno della Bibliomediateca dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Parco della Musica di Roma.”.
Un benvenuto che sembra pensato per le pagine ingiallite di un repertorio di carta pergamena più che per la homepage di un sito internet di un’iniziativa culturale che nasce nel 2013 per far conoscere la musica italiana a studenti e ricercatori di tutto il mondo.
Difficile condividere le parole di Bruno Cagli, Presidente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che ha definito la costituzione dell’Archivio “un passo avanti verso la multidisciplinarietà”.
Quello compiuto sembra, piuttosto, un passo indietro verso un improbabile ed anacronistico ritorno a forme di fruizione del contenuto musicale che non ci sono più.
Sarà interessante, tra qualche anno, vedere se saranno stati di più i visitatori che consultate onlinele pagine del sito web dell’archivio prenderanno poi un treno per Roma o quelli che trovato il titolo o le informazioni cui sono interessati, le daranno in pasto ad un motore di ricerca per lasciarsi guidare in un “altrove” attraverso il quale fruire online della colonna sonora in questione.
Sarebbe bastato rendere i contenuti musicali dell’archivio fruibili online, magari in modo parziale o con ridotta qualità, invitando, poi, gli interessati a fruire delle opere in streaming o a scaricarsele, pagando un prezzo ragionevole.
E’ questa la straordinaria ed imperdonabile miopia di una certa parte – per fortuna ormai minoritaria – del mondo della musica.
Una parte per la quale internet ed il digitale sono e restano un nemico dal quale difendersi anziché una straordinaria opportunità di promozione culturale e di mercato.
Così com’è l’unica colonna sonora alla quale vien voglia di accedere è quella dell’indimenticabile film di Troisi e Benigni, “Non ci resta che piangere”.