Restano in carcere, nella città russa di Murmansk, i 27 attivisti e i 2 giornalisti che il 19 Settembre, a bordo della nave “Artic Sunrise”, hanno tentato di scalare la piattaforma petrolifera di Gazprom “Prirazlomnaja”. Il ricorso, presentato dai legali di Greenpeace, è stato respinto dal tribunale distrettuale Leninsky.
Nessuna scarcerazione su cauzione: per gli attivisti è stata confermata l’accusa di pirateria, secondo l’articolo 227 del Codice Penale russo. Rischiano fino a 15 anni di carcere.
Si affievoliscono anche le possibilità che i partecipanti al blitz contro le trivellazioni artiche di Gazprom, in caso di condanna, possano usufruire dell’amnistia annunciata da Putin in occasione dei vent’anni della Costituzione russa.
Sale la preoccupazione per le sorti del napoletano Cristian D’Alessandro: nonostante sia forte psicologicamente – ha dichiarato Aristide, il padre di Cristian – è pur sempre stato incarcerato in una terra inospitale come la Siberia, in piccole celle, in un carcere in cui non sempre è garantito l’accesso all’acqua potabile.
L’avvocato di D’Alessandro ha usato una linea difensiva molto dura e aggressiva: ha contestato ogni vizio procedurale e ha ricusato per ben tre volte il giudice.
Al centro della strategia processuale di tutti gli attivisti, comunque, è posto il concetto di “piattaforma”: infatti per configurarsi il reato di “pirateria” bisogna che abbia luogo un assalto a una “nave”.
Avvenimento che, guardando alla realtà dei fatti, non si è verificato.
Al momento tale linea è stata accolta dai giudici.
L’appello di Greenpeace per la scarcerazione degli attivisti, nel frattempo, ha raggiunto la consistenza di 1 milione e 400 mila firme. Mentre sono 100 mila quelle raccolte da Raffaella Ruggiero, madre di Cristian D’Alessandro, e recapitate direttamente al Quirinale.