Rocco Papaleo in “Una piccola impresa meridionale”
È pieno di simboli, di richiami, di nomi parlanti, il nuovo film di Rocco Papaleo, “Una piccola impresa meridionale”, omonimo dello stesso romanzo scritto da lui.
Sullo sfondo ancora il Sud, come in “Basilicata coast to coast” (2010), che si fa ventre dei valori primordiali: una terra dove gli arcaismi sono l’attualità, il luogo ideale per trovare (o almeno provarci) quello che si cerca da una vita.
Nel film precedente il protagonista era un viaggio, adesso è il punto fermo per eccellenza, il faro, ad occupare la scena. Ma sempre su qualcosa si deve riflettere.
Si inizia con Costantino, un prete che abbandona l’abito e torna dalla madre Stella, che è già alle prese con un altro scandalo in famiglia: la figlia ha tradito il marito ed è scappata con l’amante. Decide così di confinare letteralmente il figlio in un vecchio faro in disuso di proprietà della famiglia, e con lui anche i pettegolezzi e le maldicenze della gente di paese.
L’ex prete però non sarà sempre solo: lo raggiungeranno il cognato deluso, un’ex prostituta e gli operai di una ditta edile, chiamati per ristrutturare il loro rifugio, che alla prima pioggia rischia di cadere a pezzi.
Il faro così diventa una sorta di rifugio per i reietti della società, quelli che per un motivo o l’altro sono costretti ad allontanarsi, e allo stesso tempo un cantiere per ricostruire il proprio futuro. Un cantiere ideale, gestito proprio da una piccola impresa meridionale che deve compiere una grande impresa.
Non manca però, anzi diventa l’ingrediente fondamentale, quell’ironia tanto cara a Papaleo. A cominciare dai nomi scelti per i personaggi, si avverte l’elemento comico.
Il Capostipite della cristianità occidentale presta il nome ad un uomo che ha perso la fede; la prostituta si chiama Magnolia anche se evidentemente ha tutto tranne il candore del profumato fiore bianco. Difficile poi non notare l’assonanza tra il cognato Arturo e la più antica vittima del tradimento coniugale, ovvero re Artù. Ma la riuscita migliore, forse, è il parallelismo tra la madre Stella e la luce del faro.
Entrambi punti fermi su cui appoggiarsi ma l’uno in terra, concreto, tangibile, l’altro invece è – ed è sempre stato – troppo lontano. Una fedele guida ma ancora troppo trascendente, pronta ad abbandonare anziché aiutare a ricostruire.
E allora dal 17 ottobre, il film sarà presente nei cinema italiani, con Rocco Papaleo in abito da prete, Riccardo Scamarcio, Barbora Bobulova e Sarah Felberbaum. Il cast promette bene, la trama anche: tutto pronto per vedere ancora in scena uno dei registi, scrittori, musicisti e sceneggiatori più amati del made in Italy.