Ddl anti-negazionismo, marcia rallentata al Senato
Forse la coincidenza era voluta, forse no. Sta di fatto che per varie ore si era pensato che il disegno di legge che introduce nell’ordinamento il reato di negazionismo potesse completare il suo iter proprio oggi, nel settantesimo anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma, ma anche nel pieno delle polemiche sui funerali e sulla sepoltura del capitano nazista Erich Priebke. Così non è stato e per il reato si dovrà (forse) aspettare ancora un po’.
Se questa mattina Giorgio Napolitano, a margine della cerimonia al Tempio Maggiore del ghetto di Roma, aveva auspicato un’approvazione in tempi brevi (“E’ un merito del Parlamento italiano anche dando un esempio ad altri Parlamenti aver approvato questa norma ieri già alla Camera dei deputati e sono convinto che sarà presto completato l’iter parlamentare”), il presidente del Senato, Pietro Grasso, si era messo al lavoro per accelerare i tempi, ricorrendo al regolamento di Palazzo Madama.
Esiste infatti la possibilità (in base all’art. 35 del regolamento) di assegnare direttamente alla commissione competente l’intero esame (discussione e approvazione) di un disegno di legge, senza che se ne debba occupare l’aula: il procedimento, detto “decentrato” o “di commissione in sede deliberante” è un retaggio del regime pre-repubblicano, ma può servire ad accelerare i tempi sacrificando un po’ di discussione e di pubblicità dell’iter (infatti non è possibile per certe categorie di disegni di legge). Per questo, Grasso ha parlato al telefono coi capigruppo per ottenere la disponibilità a seguire quel percorso e poco prima delle 14 ha annunciato in aula che il ddl sarebbe stato esaminato dalla commissione Giustizia in sede appunto deliberante.
La capogruppo M5S al Senato, Paola Taverna, si è tuttavia consultata con i membri del gruppo parte di quella commissione e avrebbe richiamato Grasso per negare il consenso del gruppo all’approvazione col procedimento decentrato. La commissione, però, era già stata convocata, per cui i senatori stellati hanno espresso lì le loro perplessità: “Per noi e’ meglio andare in aula, per approfondire, senza l’assillo di rincorrere le ricorrenze” ha detto il 5 Stelle Maurizio Buccarella.
La questione si è fatta rapidamente spinosa, quando al voto contrario alla deliberante dei quattro componenti M5S sembrava essersi aggiunto quello del socialista Enrico Buemi. Già, perché lo stesso articolo 35 prevede, al secondo comma, che fino a che non si è arrivati alla votazione finale il disegno di legge può ritornare in assemblea per la discussione, anche se a chiederlo è un quinto dei membri della commissione. E un quinto di 25 fa proprio 5. Quattro M5S più Buemi.
In questa condizione, spetterebbe alla conferenza dei capigruppo, assieme al presidente Grasso, calendarizzare la discussione in aula, in un periodo di discreto affollamento e con la legge di stabilità che monopolizzerà presto le discussioni. “Mi sono offerta di portare in capigruppo la proposta di discutere il provvedimento in Aula anche domani: noi vogliamo il rispetto della sovranità del Parlamento, vogliamo informare e rendere i cittadini partecipi, per questo abbiamo detto no alla deliberante” assicura la Taverna. In effetti le sedute della commissione non sono pubbliche, né si possono vedere in streaming, quelle dell’aula sì.
Buccarella vuole evitare che si arrivi a una legge malfatta e approssimativa in una materia tanto delicata “solo per far fare bella figura al Parlamento”, al punto che il senatore stellato accusa Grasso di aver messo in atto un “colpo di mano”. Buemi in seguito precisa meglio la sua posizione, chiedendo in sostanza di andare avanti con la commissione deliberante (senza di lui i numeri per tornare in aula non ci sono più), purché le sedute non si sovrappongano all’Assemblea plenaria del Senato, che discute di riforme costituzionali.
Per Grasso, che respinge l’accusa di Buccarella, si è trattato di “un’occasione perduta”, mentre le reazioni sono state dure da altre forze politiche, a partire dal Pd con il suo capogruppo Luigi Zanda (“Non mi stupisce che la furia devastatrice del M5S si abbatta anche su provvedimenti di civiltà. Ma che il senatore Buemi, che si dice socialista, è iscritto al gruppo delle Autonomie ed è stato eletto con il Pd, impedisca l’approvazione del provvedimento sul negazionismo votando con il M5S, questo mi sorprende moltissimo”).
“Potevo attendermi, alla luce della seduta di ieri, qualche voce di dissenso interno o esterno – ha notato il presidente della commissione, Francesco Nitto Palma (Pdl) – non che un intero gruppo chiedesse la revoca della deliberante”.
Gabriele Maestri