Legge di stabilità, tutte le misure. Taglio al cuneo fiscale quasi ininfluente
Come spesso accade in questi casi, la montagna ha partorito il topolino. Settimane di discussioni e di raccomandazioni sull’utilità del taglio al cuneo fiscale (la differenza tra quanto il datore paga e quanto finisce nelle tasche del dipendente) hanno prodotto, per i lavoratori dipendenti, un aumento netto in busta paga di 14 euro mensili. Un po’ poco, per risollevare un Pil che da anni fa registrare il segno meno.
E stiamo parlando del tetto massimo, che copre coloro che percepiscono uno stipendio tra i 950 e 1250 euro lordi al mese. Per tutti i redditi maggiori, il beneficio sarà quasi nullo: secondo i calcoli della Cgia di Mestre, confermati in gran parte anche da Palazzo Chigi, vi saranno casi in cui l’ “aumento” sarà di 3 euro mensili. Un paio di caffè e brioches.
Oggettivamente poco, pochissimo. Ma d’altronde non ci si poteva aspettare altro, visto che le risorse destinate si sono fermate a 2,5 miliardi, meno dei 3 ipotizzati qualche giorno fa e molto meno dei 10 chiesti da Confindustria. Una cifra di per sé bassa, composta da 1,5 miliardi di vero e proprio taglio al cuneo, 1 miliardo di risparmio ai contributi sociali alle imprese e una leggerissima limatura dell’Irap sul costo del lavoro, circa 40 milioni.
La Legge di stabilità partorita dal Consiglio dei ministri, però, non si ferma qui, e predispone una serie di altri rilevanti misure. Il tutto è consultabile online sull’account ufficiale Flickr del governo.
Nello specifico, oltre ai suddetti 2,5 miliardi, nella manovra figurano circa 5 miliardi di tagli alle tasse (da fare in tre anni), di cui però mancano completamente i dettagli, e 3,9 miliardi per interventi vari come il rifinanziamento delle missioni all’estero e la cassa integrazione in deroga. Il totale è di 11,5 miliardi.
Ancora poco chiare sono le coperture finanziarie: saltato il taglio alla Sanità per volontà dello stesso premier, si procederà a colpi di spending review, dismissione di patrimonio pubblico (si parla di 3,2 miliardi) e lotta all’evasione fiscale.
Un’altra stangata è in arrivo per il pubblico impiego: ci sarà un nuovo blocco della contrattazione fino a tutto il 2014. Prorogato fino al 2018 anche lo stop al turn over, con un meccanismo progressivo: assunzioni al 40% dei ritiri per l’anno 2015, al 60% per l’anno 2016, al 80% per l’anno 2017.
Stando alle dichiarazioni del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, le misure adottate dall’esecutivo “ci porteranno fuori dalla recessione. Non cresceremo a un ritmo cinese, ma torneremo a un Pil del 2%”.
Certo è che difficilmente la legge di stabilità resterà tale e quale. Con l’approdo in Parlamento, infatti, i deputati e senatori avranno mano libera nel provare a cambiarla. E, a sentire, il ministro per la Pubblica Amministrazione, Giampiero D’Alia, farebbero bene: “A saldi invariati il governo è disponibile a modificare la legge, non c’è alcun dubbio. Offriamo al Parlamento un rapporto di collaborazione. La manovra può e deve essere migliorata, anche per quanto riguarda il settore del lavoro pubblico”. Però, aggiunge D’Alia, “per finanziare un rinnovo economico dei contratti ci vorrebbero oltre 7 miliardi di euro nel triennio ed è evidente che, rispetto alle esigenze che il Paese ha, abbiamo dovuto fare una scala di priorità”.