L’America si salva sul filo del rasoio, Obama vince al Congresso ed evita il default, ma lo scontro è solo rinviato
Obama e i democratici hanno vinto, i repubblicani e il loro leader alla camera John Boenher hanno perso: nella giornata di ieri si è concluso il braccio di ferro tra le due parti politiche ed è stato approvato il provvedimento che ha decretato la fine dello “shutdown”, la serrata che ha colpito le attività non essenziali finanziate dal governo, e perfezionato il “debt ceiling”, l’aumento del tetto del debito.
A poche ore dal 17 Ottobre, giorno in cui gli Usa non avrebbero potuto più emettere nuovo debito per finanziare le proprie attività e onorare gli impegni con i creditori (al Tesoro americano sarebbero rimasti giusto 30 miliardi di dollari), è stato raggiunto il compromesso. Anche se la preoccupazione era alta, già ieri non mancavano i segnali positivi che potevano far ben sperare i mercati: si erano dimostrate nervose soprattutto le borse asiatiche, i grandi fondi chiedevano ad authority come la Sec, tra l’altro senza ottenere una risposta, come comportarsi di fronte a un asset a rischio di default, mentre le banche si sbarazzavano dei titoli americani anche a brevissima scadenza. Non sono mancate le dichiarazioni delle agenzie di rating: a poche ore dal voto decisivo, Fitch aveva posto sotto osservazione il rating Usa. Anche se velata, pesavano sulla più grande economia mondiale: la minaccia del declassamento finanziario e i dubbi sullo status del dollaro come moneta di riserva di riferimento.
Tuttavia in Senato le due parti politiche erano vicine, Harry Reid, leader democratico al Senato, e Mitch McConnel, suo omologo del Grand Old Party, si erano detti “ottimisti” sulle possibilità di raggiungere un accordo. Sembrava più problematica la situazione alla Camera: la quale, però, continuava a bocciare le controproposte dei repubblicani più “duri” del Tea Party capitanati da John Boenher. Alla fine i “populisti conservatori” sono stati scaricati dal proprio partito e i repubblicani, dopo una lunga trattativa a porte chiuse, hanno votato compatti. Obama vince questo round, la misura approvata prevede: l’aumento del tetto del debito fino al 7 Febbraio, la riapertura di attività e agenzie governative fino al 15 Gennaio, imponendo una scadenza a metà Dicembre, in modo che si possa trovare un accordo per il lungo periodo.
Obama in cambio offrirà ai Repubblicani la verifica del reddito degli americani che richiederanno l’assicurazione sanitaria federale, nell’ambito della riforma sanitaria cara al Presidente Usa. La proposta ha incassato, al Senato, 81 voti favorevoli contro 18 contrari, alla Camera sono stati 285 i voti favorevoli mentre quelli contrari 144.
La battaglia comunque continuerà a Febbraio: infatti i conservatori hanno dichiarato guerra alla ObamaCare. Tra di loro quello che il Wall Street Journal chiama “lo stratega dello Shutdown”: Micheal Needham, 31enne “president of Heritage Action, the lobbying arm of the nation’s largest conservative think tank”, balzato agli onori della cronaca in queste ultime due settimane per aver tenuto in scacco l’intera economia planetaria, bloccando il voto necessario a evitare il “restricted default” (avviene quando un emittente non è in grado di onorare i debiti su specifici bond, anche se continua a operare e non ha fatto domanda di bancarotta o liquidazione). Anche se il rischio del tracollo è stato evitato e il rating è stato confermato, per ora, al livello di AAA,la battaglia politica tra Obama e i repubblicani ha avuto delle conseguenze tutt’altro che positive sull’economia americana: il Pil ha bruciato lo 0,8% e l’economia cresce a meno del 2%.
Il 74-76% degli americani, cosciente del rischio evitato giusto per un soffio e delle gravi conseguenze dello stallo politico delle ultime due settimane, condanna il comportamento di Boenher e compagni: la loro battaglia non è stata condotta in nome della “messa in regola” dei conti Usa ma esclusivamente rivolta a combattere l’ Affordable Care Health, la legge sanitaria.