Berlusconi e il Pdl a un bivio. Forse
E’ come se, da un certo punto di vista, non si sapesse quanto tempo occorrerà per arrivare al buio, ma si avesse la certezza che il tramonto è iniziato e non si può tornare indietro. Sarebbe questa la sensazione provata Silvio Berlusconi in questi giorni, anche se la tentazione di non mollare c’è ancora. Viene seriamente da crederlo, visto che a scriverlo è Il Giornale, in pratica l’house organ di casa Berlusconi.
E’ proprio la testata di Sallusti a notare che la maggior parte degli interlocutori del Cavaliere probabilmente “pensi soltanto a riposizionarsi in vista di un dopo Berlusconi che prima o poi dovrà comunque arrivare”. Una sensazione piuttosto scomoda, proprio mentre la presentazione del disegno di legge di stabilità – che per Berlusconi sarebbe “inadeguato” e “deludente” su ogni fronte – gli consiglierebbe di prendere le distanze da questo esecutivo.
E se anche per il Giornale “fa rumore e notizia” l’incontro a pranzo di ieri tra Mario Mauro, Berlusconi e Angelino Alfano, dopo vari mesi di freddo quasi polare tra l’attuale ministro della Difesa e l’ex Presidente del Consiglio, si sommano gli inviti affinché Berlusconi da una parte si limiti a fare da “padre nobile” di una forza centrista (cui parte di Scelta civica potrebbe essere interessata) e, dall’altra, si allontani espressamente da “falchi” come Denis Verdini e Sandro Bondi. Così, tra l’altro, sarebbe più facile avere un provvedimento di clemenza amnistia o indulto, esteso anche alla frode fiscale) o di grazia, se il Cavaliere si decidesse a chiederla.
Non sarebbero peraltro enormi gli spazi per un provvedimento di clemenza di origine parlamentare, visto che occorre raggiungere i due terzi dei membri di entrambe le Camere: anche in questo senso, Berlusconi accusa in privato il Pd di “far passare il messaggio che sarà solo colpa di Berlusconi se non ci sarà alcun provvedimento di clemenza”. In questi giorni il Cavaliere avrebbe incontrato tutte le anime del Pdl, dal lealista Fitto alla “colomba” Cicchitto (cui non sarebbero state risparmiate critiche), fino ai “falchi” Verdini e Bondi.
E’ invece Dario Franceschini a far intravedere “spaccature” nell’area Pdl intenzionata a non lasciare il governo: i ministri, infatti, avrebbero tenuto posizioni diverse sulla legge di stabilità. La reazione molto dura e insoddisfatta da parte dei “lealisti”, rivolta quasi più ai ministri Pdl che al governo e al suo operato, avrebbe spinto alcuni dei “governativi” a suggerire uno strappo immediato, con la formazione di gruppi parlamentari autonomi. Cosa che non convincerebbe Alfano, per le insidie che questa scelta comporterebbe.
Gabriele Maestri