“Il Grande Dittatore”, un classico che ha ancora tanto da dire. L’ironia della sorte a volte è veramente sottile. Il 15 ottobre di quest’anno è stato pieno di polemiche, discussioni, commenti sul funerale del capitano delle SS Erich Priebke ed esattamente 73 anni prima, negli Stati Uniti, veniva rappresentato per la prima volta “Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin.
La seconda guerra mondiale era iniziata da un mese, e sebbene la proiezione del film venne vietata in quasi tutta Europa fino alla fine del conflitto, Chaplin riuscì a portare il suo grande messaggio di pace almeno nel Nuovo Continente.
Un connubio geniale, il suo, tra comicità e assoluta serietà, in un’epoca che lasciava ben poco spazio alla satira politica. Seppur ambientato nella prima guerra mondiale, i riferimenti a Hitler, a Mussolini, ad eventi del ’39-’40 e soprattutto alla persecuzione degli ebrei, non ammettono false interpretazioni.
Dopo l’esodo della guerra, Chaplin ebbe a dire che se all’epoca della lavorazione del film avesse conosciuto la realtà del nazismo probabilmente non lo avrebbe realizzato. E invece noi, proprio col senno di poi, lo ringraziamo per questo incredibile classico. “Classico” perché il messaggio che porta era attuale quando ha visto la luce, così come è attuale oggi. Perché la violenza, la dittatura, ma anche il perdono, sono le parole che ci sono balzate alla mente quando abbiamo letto dei funerali di Priebke.
Abbiamo riflettuto su quanto un uomo può essere libero quando esegue degli ordini, su quanto possa veramente scegliere, sulla differenza (se c’è) tra chi comanda e chi agisce concretamente. Un altro “analista” delle dittature, George Orwell, commentò a questo proposito: «Più che in qualunque trovata comica, credo che il fascino di Chaplin stia nella sua capacità di riaffermare la verità – soffocata dal fascismo e anche, fatto piuttosto comico, dal socialismo – che vox populi è uguale a vox Dei e che i giganti sono vermiciattoli».
Abbiamo riflettuto sulle potenzialità dell’uomo, ci siamo chiesti fino a che punto possono arrivare la mente e l’istinto umani. Ovviamente l’accezione in questo caso è negativa ma l’incredibile energia positiva di Chaplin, qua, sta nel ribaltare il concetto di potenzialità umane, identificandolo con una macchina creatrice di benessere e felicità a livello universale. Così fa pronunciare ad un Hitler fittizio non le parole che veramente diceva, ma quelle che tutti avrebbero voluto sentire, in un sentitissimo “discorso all’umanità”. Impossibile, anche a distanza di 73 anni, trovare un modo migliore per esprimere quello molti di noi hanno avuto nella mente qualche giorno fa, come oggi, come quando per la prima volta abbiamo capito cosa vuol dire guerra.
«Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi comandano e che vi disprezzano, che vi limitano, uomini che vi dicono cosa dire, cosa fare, cosa pensare e come vivere! Che vi irregimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie! Voi vi consegnate a questa gente senza un’anima! Uomini macchine con macchine al posto del cervello e del cuore. Ma voi non siete macchine! Voi non siete bestie! Siete uomini! Voi portate l’amore dell’umanità nel cuore. Voi non odiate. Coloro che odiano sono solo quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati, non difendete la schiavitù, ma la libertà!»