Privatizzazioni, ecco quali quote cederà il Tesoro entro il 2014
Gli statalisti possono cominciare a maledire il decreto Destinazione Italia, il provvedimento più in vista del governo Letta. Infatti il testo licenziato dal governo lo scorso 19 settembre – con tanto di tour promozionale in Nord America – prevede la cessione di alcune quote azionarie dei grandi colossi italiani in mano al Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef). Ma si parla soprattutto di “privatizzazioni e dismissioni degli asset distintivi del Paese”, che rimpingueranno le casse dello Stato.
Nelle intenzioni del governo – che ha stilato una road map a riguardo – la cessione delle partecipazioni statali ai soggetti privati dovrebbe essere completata entro il 2014 o almeno così riporta il testo del dl: “I tempi di realizzazione delle operazioni saranno più brevi per le operazioni che dovessero riguardare società già quotate; una tempistica necessariamente più lunga – si legge di seguito – sarà richiesta per le aziende che necessitassero di un processo di valorizzazione preliminare alla messa sul mercato”.
Sono stati fatti già i primi nomi del calibro di Eni, Snam, Terna, Fincantieri e Sace, mentre rimarrebbero fuori Enel e Finmeccanica, che attualmente non godono di buona salute. Per Trenitalia, invece, il governo pensa a una “societarizzazione” puntando sullo sviluppo dell’Alta velocità ferroviaria. La quota del 4,9% della rete elettrica nazionale Terna detenuta dallo Stato potrebbe valere 350 milioni di euro, così come il 40% di Fincantieri, gioiello della cantieristica navale italiana.
Il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha precisato che “il Governo deve privatizzare le attività, mantenendole con le radici in Italia, altrimenti il rischio è quello di vendere dei mercati e non delle attività”. E infatti un passaggio del decreto recita: “Per attrarre investimenti in Italia occorre aprire a capitali privati una parte dell’economia nazionale e nel farlo si dovrà tenere conto del possibile interesse pubblico a mantenere il controllo su quelle Società che operano in settori di particolare rilevanza strategica nazionale”.
Dunque no alle privatizzazioni selvagge, sì a una vendita pilotata di parte del portafoglio statale, in pieno stile Prodi, liquidatore della vecchia IRI. Il responsabile del Mef Fabrizio Saccomanni ha chiarito: “Il piano coprirà sia le attività immobiliari che società quotate e non quotate”.
Il piano Letta-Saccomanni potrebbe presto accompagnarsi alla vituperata Legge di Stabilità, causa di un possibile (ed ennesimo) “autunno caldo” del lavoro. Con la speranza che le privatizzazioni previste dal governo non vogliano liquidare le maggiori aziende nazionali, il premier attende fiducioso i bramati capitali stranieri.