Una RAI nel segno di Internet e del digitale?

Pubblicato il 22 Ottobre 2013 alle 16:29 Autore: Guido Scorza

Guai ad illudersi che, alla fine, andrà davvero così ma a leggere la relazionecon la quale il Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Marcello Cardani ha illustrato la posizione dell’Authority sul nuovo contratto di servizio pubblico che legherà la RAI allo Stato c’è, almeno, da sperare che, negli anni che verranno, il servizio pubblico radiotelevisivo sarà fornito nel segno di Internet e del digitale.

Tanti ed importanti i principi contenuti nelle linee guida approvate dall’Autorità e recepiti – a quanto riferito dal Presidente AGCOM – nello schema del contratto di servizio che dovrebbe essere firmato nelle prossime settimane.

Tanto per cominciare, sarà compito della RAI “promuovere l’innovazione tecnologica estendendo al maggior numero di cittadini i benefici delle nuove tecnologie in un contesto concorrenziale” e “promuovere l’alfabetizzazione digitale e, più in generale, la fruizione consapevole delle nuove tecnologie”.

E’ una missione fondamentale perché in un Paese di analfabeti digitali come il nostro solo la televisione – grande focolare e, soprattutto, strumento di formazione culturale di massa per antonomasia nel bene e nel male – può svolgere in modo efficace l’indispensabile e, ormai, irrinunciabile funzione di envagelizzazione all’utilizzo delle nuove tecnologie avvicinando i cittadini a Internet, al digitale ed alla società dell’informazione.

Sin qui, infatti, la televisione – quella pubblica al pari di quella commerciale – ha parlato di Internet e di futuro digitale poco e male: demonizzando le nuove tecnologie più spesso di quanto non ne abbia esaltato ruolo ed utilità nel futuro del Paese.

Ma non basta.

La nuova RAI non dovrà, tuttavia, limitarsi a “parlare digitale” ma dovrà anche e soprattutto diffondere i propri contenuti online.

“E’, inoltre, importante – ha detto Cardani dinanzi alla Commissione parlamentare di vigilanza – che la RAI renda fruibile agli utenti sulla piattaforma IP tutta l’offerta in streaming e porzioni sempre crescenti degli archivi storici on demand”.

“Altrettanto importante – ha aggiunto il Presidente dell’AGCOM – è che la concessionaria utilizzi le proprie libraries per promuovere offerte legali di contenuti in rete in modo da contribuire, per tale via, a contrastare la pirateria online.

Un passaggio importante non solo perché sarebbe anacronistico che un fornitore di servizi media audiovisivi pubblico, nel 2013, si ostinasse ad imporre ai propri utenti di fruire de propri contenuti attraverso la solita vecchia televisione ma anche perché il Presidente dell’Authority ribadisce che esiste una funzione quasi aritmetica ineludibile per effetto della quale all’aumento dell’offerta legale di contenuti corrisponde una contrazione del fenomeno della pirateria audiovisiva.

Il contratto – stando a quanto riferito dal Presidente Cardani – nella sua attuale versione “pone alla RAI l’impegno a rendere fruibile agli utenti sulla piattaforma IP tutta l’offerta in live streaming e…a garantire la presenza della propria programmazione sulle più diffuse piattaforme di tv connesse, tablet e smartphones”.

Parole importanti alla vigilia del varo da parte della stessa Authority del famigerato nuovo regolamento sulla tutela del diritto d’autore online, un regolamento più ispirato a logiche di repressione della pirateria che di stimolo dell’offerta legale di contenuti.

La RAI, inoltre, dovrà “creare sul web un’area dedicata al dialogo con gli utenti” e “sviluppare piattaforme di social television sia per favorire la partecipazione attiva e l’esercizio del diritto di suggerimento e critica rispetto ai programmi, sia per trarre elementi di valutazione rispetto alla qualità dell’offerta attraverso lo sviluppo di indicatori di sentiment e di metodi di opinion analysis”.

Sfide straordinariamente importanti, dunque, quelle che – se il contratto verrà firmato nella sua attuale formulazione – attendono la RAI, sfide che quest’ultima non può davvero permettersi di perdere anche perché il 2016 – data ultima di scadenza della concessione alla RAI del servizio pubblico radiotelevisivo – è, ormai, alle porte e nulla può dirsi scontato, neppure che, negli anni a venire, la RAI possa e debba essere ancora la concessionaria monopolista del servizio pubblico.

Molto, forse, dipenderà anche da come in Viale Mazzini decideranno di giocare la partita del futuro.