Costituzione, la deroga che fa discutere
Il Senato ha approvato, ma i problemi restano in campo tutti, dentro e fuori dal Parlamento, Oggi infatti ha concluso il suo terzo passaggio dei quattro richiesti il disegno di legge costituzionale che consentirà di avviare le riforme della seconda parte della Costituzione in deroga all’articolo 138 della Carta stessa, prevedendo un percorso diverso rispetto a quello tracciato dalla norma.
IL PROCEDIMENTO
Il testo era già stato approvato una prima volta da entrambe le Camere, ma – dal momento che il presente ddl deve seguire per forza l’art. 138 – è richiesta una seconda deliberazione di ogni aula almeno con la maggioranza assoluta (la metà più uno dei componenti) perché il percorso parlamentare sia compiuto. In più, per evitare che una parte dei parlamentari, di Regioni o di cittadini possa chiedere un referendum confermativo sulla deroga, occorre che il ddl sia approvato in seconda lettura almeno con la maggioranza dei due terzi.
Proprio su questo punto si è concentrato lo sguardo di molti oggi. Al Senato attualmente siedono 321 persone, per cui i due terzi sono esattamente 214: quest’oggi l’approvazione è arrivata con “soli” 218 voti, appena 4 in più della soglia richiesta; i contrari erano 58, 12 gli astenuti. Presumibilmente alla Camera il quorum previsto sarà superato agevolmente (in ragione del premio di maggioranza), dunque si può dare quasi per approvata la deroga alla Costituzione, senza che il popolo possa intervenire in questa fase.
CRITICHE DA SINISTRA
Alcune forze politiche non hanno accolto bene questa notizia: Sel, per dire, ha esposto Copie della Costituzione e volumi dei lavori della Costituente sui banchi e Loredana De Petris ha definito ”una scelta scellerata” la deroga all’art. 138, temendo “un assedio alla prima parte della Costituzione”. E per Nichi Vendola “E’ un gioco d’azzardo mettere mano alla Costituzione con questo governo e con questa maggioranza”.
Dall’esterno del Parlamento Antonio Ingroia (Azione civile) parla di un “Partito Antidemocratico: mi chiedo se il Pd abbia obbedito al piano di rinascita democratica della P2 come il Pdl oppure all’ordine della Jp Morgan che qualche mese fa ha ordinato il superamento delle Costituzioni antifasciste. Sono sdegnato perché la richiesta di non superare i due terzi e consentire cosi’ un referendum confermativo arrivava anche da ampie fette della base del Pd”.
LA POSIZIONE DEL PD
Appunto dal Pd arrivano segnali contrastanti. Il ministro per i rapporti col Parlamento Dario Franceschini parla di un progetto di riforma “fatto per rafforzare il meccanismo dell’articolo 138 della Costituzione e non certo per indebolirlo” e il responsabile riforme Alfredo D’Attorre critica “polemiche pretestuose e prive di fondamento” in ragione della “possibilità di richiedere un referendum popolare anche nel caso di approvazione con i due terzi dei voti in Parlamento” e della “previsione di un referendum distinto per ogni materia omogenea”.
Contemporaneamente, però, dieci senatori democratici (tra cui Corradino Mineo, Walter Tocci e Stefania Pezzopane) hanno sottoscritto una dichiarazione comune in cui parlano di “elementi di criticità” che rendono “incerto” il percorso di riforma e hanno provocato allarme nell’opinione pubblica. “Sbagliato ridurre a quarantacinque giorni i tempi fra le due deliberazioni di ciascuna Camera, affrettando quel processo di sedimentazione della riflessione sulle riforme alla carta fondamentale voluto dai costituenti. Non avremmo condiviso la predisposizione di un unico progetto di legge costituzionale comprendente modifiche a diversi titoli della Costituzione”.
I senatori promettono di vigilare con attenzione sul percorso di riforma e chiedono di affrontare “unicamente quei temi su cui è condivisa la necessità di una modifica che renda più efficace il funzionamento delle istituzioni: la nuova legge elettorale, la riforma del bicameralismo perfetto, il superamento delle province e l’avvio delle citta’ metropolitane”.
M5S: “VIOLENTATO L’ART. 138”
Sull’argomento è intervenuto anche, da par suo, Beppe Grillo attraverso Twitter: “La Costituzione non è carta da culo”. Meno crudo ma non meno duro è il commento dei senatori M5S, vergato dalla capogruppo Paola Taverna: “Pd e Pdl riescono a violentare l’articolo 138 della Costituzione, la valvola di sicurezza della nostra Carta. Al Senato è passata con la maggioranza di due terzi, per soli 4 voti la deroga all’art. 138 della Carta Costituzionale. Se a dicembre alla Camera lo stesso provvedimento sarà approvato con la maggioranza di due terzi non verrà obbligatoriamente indetto il referendum confermativo”.
Questo per la Taverna comporta che “Non si chiederà il parere dei cittadini sull’istituzione di un comitato di soli 42 parlamentari che avrà mano libera di cambiare la Costituzione al posto dell’intero Parlamento, il quale si esprimerà solo sulla proposta finale. Se Pd e Pdl non hanno paura dei cittadini e sono cosi’ sicuri delle loro azioni perché non indicono un referendum sulla deroga all’articolo 138? La parola ai cittadini!”
“LA VIA MAESTRA”: “FORZATURA COSTITUZIONALE”
Intervengono anche i promotori della manifestazione del 12 ottobre “La via maestra”, a tutela della Carta, dopo che era rimasto inascoltato l’invito di Stefano Rodotà a non raggiungere il quorum dei due terzi: “Quattro soli voti hanno permesso l’approvazione al Senato del disegno di legge sulla modifica dell’articolo 138 della Costituzione con quella maggioranza dei due terzi che impedisce ai cittadini di chiedere il referendum. E’ emerso così, con assoluta chiarezza, che la forzatura costituzionale non raccoglie neppure il pieno consenso della maggioranza che vuole imporla“. Il comitato chiede dunque di incontrare quanto prima i presidenti delle Camere.
Gabriele Maestri